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Graduatorie precari, si va verso il salto del… gambero

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Niente modifiche per due anni, ma poi dal 2011 potremmo assistere ad un clamoroso ritorno al passato. Sono queste le indicazioni contenute nell’emendamento sulle graduatorie ad esaurimento su cui dal 20 ottobre il Parlamento è stato chiamato ad esprimersi. Le modifiche al D.L. 134/09 sulle graduatorie dei precari non vanno dunque nella direzione indicata dai giudici del Tar del Lazio che intimava al Miur, pena il commissariamento, l’eliminazione delle “code” entro 30 giorni. Salvo improbabili colpi di scena, per il prossimo anno scolastico, quindi, i precari che hanno espresso tre nuove province rimarranno in fondo alle graduatorie. La pertinenza del sistema a “pettine” rischia quindi di diventare tema da Corte Costituzionale. 
Lo promette l’Anief che, nel giorno della manifestazione davanti al Miur ed il sit-in alla Camera, deve incassare l’ennesimo no da parte delle istituzioni.
Vorrà dire che andremo alla Consulta – dichiara a caldo il sempre più agguerrito Marcello Pacifico, presidente del sindacato che ha promosso la maggior parte dei ricorsi contro le “code” introdotte dal Miur quest’anno – a meno che nell’emendamento non venga concesso un inserimento ‘a pettine’ giuridico per i nostri ricorrenti con validità già a partire da quest’anno scolastico”. Ma l’auspicio del sindacalista non sembra possa avere troppe speranze di tradursi in realtà. Il testo presentato al Comitato ristretto dei ‘nove’ capigruppo parlamentari e su cui la Camera ha cominciato ad esprimersi dispone l’integrazione e l’aggiornamento delle predette graduatorie per il biennio 2011-2012 e 2012-2013 ponendo l’attenzione solo sul principio del riconoscimento del diritto di ciascun candidato al trasferimento dalla provincia prescelta in occasione dell’integrazione e dell’aggiornamento per il biennio scolastico 2007-2008 e 2008-2009 ad un’altra provincia di sua scelta con il riconoscimento del punteggio e della conseguente posizione di graduatoria. Quindi si cambia: ma solo dal 2011. Anzi, a ben vedere le regole che si stanno delineando somigliano molto al vecchio “doppio canale” degli anni Novanta. Quelle con i precari più nobili, di prima fascia, che potevano inserire una provincia aggiuntiva alla propria mantenendo lo stesso punteggio.
L’impressione è che ci si avvii verso un’altra ulteriore tornata di ricorsi. Proprio all’indomani di una stima realizzata dalla Uil Scuola, secondo cui i precari della scuola iscritti nelle graduatorie (232.048 ed il record in Sicilia con 33.754 iscritti) continui per sostenere i ricorsi contro le decisioni dell’amministrazione avrebbero speso, solo nel 2009, ben 638 mila euro. Una cifra altissima ricavata moltiplicando una spesa media di 100 euro per ogni ricorso, per il numero dei ricorsi notificati al Miur (6.381). Un mercato fiorente, per gli avvocati, che non alimenterà però la Gilda: qualora i ricorrenti sissini dovessero spuntarla ed essere inseriti in graduatoria a “pettine”, ipotesi al momento comunque poco plausibile, il sindacato di Di Meglio ha fatto sapere di voler promuovere un ricorso gratuito per difendere il folto popolo dei precari “storici”.
Riguardo, infine, all’emendamento al D.L. salva-precari giungono notizie di una modifica sostanziale, peraltro auspicata nei giorni passati da sindacati ed associazioni. E su cui si è detta favorevole anche l’opposizione. Mentre nel Ccnl è infatti previsto, al comma 4 dell’art. 40, che “il rapporto di lavoro a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetto di specifiche disposizioni normative”, la bozza salva-precari approvato dal Cdm precludeva questa eventualità: nel primo testo si stabiliva, infatti, che i contratti di supplenza “necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo”. Così, per evitare vizi di costituzionalità, i promotori dell’emendamento hanno pensato bene di eliminare la dicitura “in alcun caso”.