Che un impiegato delle poste dichiari di annoiarsi al lavoro a causa della monotonia e ripetitività dei gesti quotidiani, é comprensibile. Che a farlo sia un professore, è perlomeno strano e fa sorgere inevitabilmente il sospetto che non si tratti di un buon professore. La professione docente è, infatti, per definizione, la meno soggetta alla noia in quanto lascia all’insegnante massima libertà e autonomia nella costruzione del suo percorso, dalla scelta degli obiettivi alla messa a punto delle griglie di valutazione, passando attraverso la selezione dei materiali e la costruzione di moduli e unità didattiche (o di apprendimento…). Per non parlare del pubblico con il quale il docente si confronta, dal quale riceve e al quale invia stimoli sempre nuovi e diversi perché sempre nuovi e diversi sono gli studenti. E tuttavia, una ricerca condotta su un campione significativo di docenti, recentemente pubblicata dalla Società Britannica di Psicologia, sembrerebbe dimostrare il contrario, perlomeno limitatamente ai docenti inglesi. Questi ultimi hanno, infatti, dichiarato di annoiarsi molto al lavoro, soprattutto nelle fasi di correzione dei compiti e durante le riunioni collegiali. La riflessione è d’obbligo: se, da un lato, può essere comprensibile un certo fastidio legato alla correzione di decine e decine di temi o compiti di matematica, dall’altro l’insofferenza verso i consigli di classe e i collegi dei docenti dimostra che, anche in Gran Bretagna – così come in Italia – i docenti percepiscono la propria professione come strettamente individuale. La cultura del lavoro d’equipe non è ancora ben salda, la sensazione di essere parte di un gruppo che fa ricerca e lavora su obiettivi comuni, ancora più lontana.