Nicola Gratteri, magistrato, è considerato una delle figure di spicco della lotta contro la ‘ndrangheta, nonché Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, ospite di Lido Cult di Camaiore, nel corso della presentazione del suo ultimo libro “Fuori dai confini. La ‘ndrangheta nel mondo”, ha esordito citando un capitolo che ritiene fondamentale nella lotta al sistema mafioso: la cultura e, soprattutto, l’educazione dei giovani.
“Faccio un invito alle scuole e agli insegnanti: portate i ragazzi a visitare una comunità terapeutica, fategli conoscere la storia di quei giovani. È un’esperienza che li allontanerà dalle droghe. Io penso che ognuno di noi debba impegnarsi nel sociale, per chi ha bisogno. Io vado anche nelle scuole a parlare con i ragazzi e spiegare loro la non convenienza a delinquere”.
“Stiamo vivendo – continua Gratteri – con generazioni di giovani che non sanno l’italiano, parlano solo in dialetto e se non fosse per il T9 del cellulare scriverebbe frasi incomprensibili. E purtroppo negli ultimi decenni i governi che si sono succeduti non hanno investito in istruzione. Così oggi, sul piano europeo non siamo competitivi. Senza una buona istruzione non si può perseguire quella crescita culturale che serve ad annichilire le mafie”.
“I mafiosi sono fuggiti dalla loro terra, sono dei vigliacchi che sparano alle spalle. La guerra la fanno medici ingegneri operai contadini. I mafiosi no. E ora che sono in Europa fanno qui i loro affari. Perché, chiedo, non è stato pensato un sistema di tracciamento di armi micidiali che ora sono già sul mercato e che con trentamila euro si acquistano e sono potenti, dieci volte più potenti di un bazooka, distruggono un carro armato? Quelle armi presto saranno nelle mani delle nostre mafie”.
“È difficilissimo fermare il traffico di droga, e ancora di più quello delle droghe sintetiche che vengono create sempre nuove, sono impossibili da fermare. Le tabelle registrano le droghe da perseguire, ma non includono le nuove droghe, quindi le tabelle sono superate, si dovrebbe perseguire tutto ciò che è stupefacente”.
“Negli anni si è cercato di eliminare le piantagioni di coca, ma i soldi stanziati da organismi sovranazionali non sono mai arrivati ai contadini che sopravvivono coltivando coca. Nè i governi dei tre paesi produttori, Colombia, Perù e Bolivia, accetterebbero una forza internazionale che sostituisca la propria polizia. Se si volesse davvero fermare questo mercato si dovrebbero controllare i precursori chimici indispensabili alla preparazione della cocaina”.
E conclude: “Le scuole si stanno trasformando in un progettificio. Lo dico agli insegnanti, portate i ragazzi a visitare una comunità terapeutica, fategli conoscere la storia di quei giovani. È un’esperienza che li allontanerà dalle droghe”.
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