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Grazie alle classi “pollaio” la class action entra nella scuola

La scelta dell’amministrazione scolastica centrale di tagliare docenti ed inserire al massimo 25 alunni per classe, eludendo il limite previsto per legge, potrà essere impugnata da studenti e genitori attraverso una modalità, in Italia sinora sconosciuta: la class action. Dopo aver preso di mira il ministero dell’Istruzione ad inizio anno scolastico, il 15 gennaio il “Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori” ha deciso di passare ai fatti avviando un’azione collettiva attraverso la notifica da parte dell’ufficiale giudiziario di una diffida al Miur. Cui eventualmente seguirà, dopo 90 giorni, il ricorso al Tar del Lazio per la condanna dell’amministrazione rea di non ottemperare alla diffida. I genitori degli studenti – spiega il Codacons in un comunicato – costretti fare lezioni in classi sovraffollate e dove il numero di alunni supera le 25 unità, così come i docenti, possono aderire alla class action (anche on line ndr) e chiedere un risarcimento che il Codacons stima in 250 euro a studente“.
Nel ricorso l’organo di tutela dei cittadini chiede inoltre “la restituzione alle famiglie di una parte della tassa scolastica pagata in proporzione al minore spazio a disposizione di ciascun alunno (la legge prevede 1.80 mq per alunno nelle scuole materne, elementari e medie e 1,96 mq/alunno nelle scuole superiori), oltre il danno connesso al rischio per la sicurezza e la diminuzione del servizio istruzione reso ridicolo da classi pollaio di 35-40 alunni a causa dei tagli agli organici del personale docente”. Il Codacons non avrebbe dubbi sull’assegnare la responsabilità delle classi “pollaio” in cui sono obbligati a stare oggi migliaia di giovani italiani: è una “conseguenza – sostiene nella diffida – della condotta illecita e gravemente colposa tenuta dalle amministrazioni diffidate e dai funzionari regionali che hanno mancato di esercitare il proprio potere amministrativo di buon andamento della cosa pubblica”.
Senza entrare nel merito della questione, che peraltro con la razionalizzazione delle spese e l’aumento progressivo degli allievi per classe, è destinata ad assumere numeri sempre più fuori il tetto massimo consentito per ovvi motivi di sicurezza, l’iniziativa del Codacons potrebbe rivelarsi fatale per le casse dello Stato. Solo sulla base delle nemmeno troppo segnalazioni pervenute all’organo di tutela degli interessi degli utenti (circa 150 istituti per oltre 4.000 alunni) la somma richiesta è già “pari a oltre un milione di euro”. Qualora aderisse solo il 10% degli istituti, una quota plausibile, la cifra lieviterebbe di ben due zeri.
Piccata la risposta di viale Trastevere: “l’azione prodotta – sostiene il Ministero – è priva di fondamento giuridico poiché l’atto impugnato (DPR 81) è un regolamento emanato in applicazione della legge (art. 64 del DL 112/2008). In virtù di essa lo stesso regolamento può disporre modifiche alla normativa precedente. Pertanto oggi non esistono più le disposizioni sui 25 alunni per classe ma sono in vigore le nuove regole previste proprio dal DPR 81”. Ed in ogni caso per il Miur quello presentata dal Cosacons sarebbe un allarme privo di riscontri reali: “il fenomeno delle classi con più di 25 alunni – sostiene il Ministero – è comunque limitato.
I tetti fissati, inoltre,  tengono conto della capienza effettiva delle aule
”. Lapidaria la conclusione: “mai viene attivata una classe che oltrepassi i limiti previsti dalle disposizioni sulla edilizia scolastica”.
Parallelamente all’azione contro il Miur, il Codacons ha preparato altre due procedure analoghe sul fronte della sanità e della sicurezza. La prima contro “il blocco del pagamento dei vaccini contro il virus H1N1″, la seconda per “mettere in sicurezza le aree a rischio frana in nove Comuni dichiarati a rischio”. Tra tre mesi, o giù di lì, sapremo se le iniziative, in particolare quella in ambito scolastico, avranno prodotto qualche risultato.
Alessandro Giuliani

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