Il Presidente di Associazione Nazionale Docenti, il prof. Francesco Greco, con una lettera aperta ha inteso far pervenire al Presidente del Consiglio alcune sue valutazioni e delle esplicite richieste volte ad evitare che la c.d. “fase 2” si risolva in una resa incondizionata al Covid-19.
Greco AND, scrive al Presidente Conte
Pregiatissimo Presidente,
la situazione sanitaria eccezionale che il nostro Paese si è trovato a fronteggiare sfuggiva, e ancora sfuggirà, per alcuni aspetti persino all’immaginario di geniali scrittori e di straordinari registi, per altri poneva questioni prevedibili e rendeva necessari interventi tempestivi che già il solo buon senso era bastevole a sollecitare. Pur non avendo la pretesa di indicare la strada ai suoi autorevoli consiglieri, è lo stesso buon senso ad ispirare questa nostra lettera, atteso che le strategie che si impongono altre ragioni non possono avere se non quelle della preminente salvaguardia della salute pubblica a cui tutti devono poter concorrere. D’altronde non siamo stati certo profetici quando chiedevamo già dai primi giorni di febbraio la sanificazione delle scuole e poi la loro chiusura e non lo siamo stati neanche quando chiedevamo, all’indomani del Dpcm dell’11 marzo, che fossero fatti tamponi anche agli asintomatici rientrati negli ultimi venti giorni nelle regioni del Sud. Gli effetti della mancata adozione di tali provvedimenti sono tangibili e sotto gli occhi di tutti!
A tal riguardo, giova ricordare che l’OMS ha dichiarato il 30 gennaio 2020 lo stato di emergenza internazionale di salute pubblica e, il giorno successivo, il Governo italiano ha deliberato quello di emergenza nazionale sanitaria fino al 31 luglio 2020. Tuttavia, la chiusura di centri nevralgici di aggregazione, come le scuole, è stata disposta solo il 4 marzo, benché da noi richiesta, unitamente ad una sanificazione generale e straordinaria delle scuole, dai primi giorni di febbraio, a Lei e ai ministri dell’Istruzione e della Salute.
Era certo prevedibile che la tardiva chiusura delle scuole e delle università avrebbe determinato il rientro nelle regioni del Sud di migliaia di studenti e di docenti di scuole e di università situate nelle regioni del Nord e, dopo l’11 marzo, a seguito della chiusura delle attività produttive e commerciali, il rientro di altri lavoratori. Tali spostamenti di popolazione hanno senz’altro contribuito alla diffusione massiccia del contagio nelle regioni del Sud, che sicuramente si sarebbe evitata se le scuole fossero state chiuse a febbraio con un’epidemia ancora incipiente nelle regioni del Nord. Anche assai prevedibili gli effetti nefasti di alcune situazioni in Lombardia, ove prontamente sono state dichiarate “zone rosse” alcune città, mentre non altre che presentavano un quadro epidemiologico altrettanto allarmante.
È evidente, e anche assai prevedibile visto anche quanto sta avvenendo in Cina ove si registrano “contagi di ritorno”, che la revoca, seppur graduale, delle attuali misure (cosiddetta “fase 2”) per alcune attività economiche e commerciali, in assenza di una strategia che tenga conto della situazione epidemiologica dei territori, rischia di vanificare gli enormi costi che il nostro Paese sta pagando per il flagello virale, in primis, di vite umane. Un’eventualità che avrebbe effetti devastanti sulla nostra popolazione, oltreché sulla tenuta sociale ed economica del Paese e che rischierebbe di rinviare a data indefinita il ritorno alla “normalità” nelle nostre scuole. A meno che la situazione dei contagi nelle regioni del Nord, ed in particolare nella Lombardia, sia assai diversa da quella ufficialmente rappresentata. Difatti, in queste regioni l’inspiegabile rapporto contagiati/decessi fa supporre che ben altro sia il numero effettivo dei contagiati e che dunque, forse qui si stia realizzando la cosiddetta “immunità di gregge”. Ma se così fosse, a quale prezzo? Una prospettiva che per il Sud sarebbe devastante. Ma lungi anche dall’immaginare che questo sia lo scenario da considerare, e le responsabilità che poi si dovranno richiamare, e che, in questo caso, ci stiamo davvero sbagliando.
In ragione di quanto detto, riteniamo necessaria, a nostro sommesso parere, d’altronde altre organizzazioni sociali (Confindustria) hanno già espresso il loro, una rivalutazione dei provvedimenti con i quali si vuole “inaugurare” la cosiddetta “Fase 2”, nella consapevolezza che i problemi che interessano il nostro settore di competenza, la scuola e l’università, mai come oggi non sono disgiunti, in verità non lo sono mai stati, da quelli generali che riguardano l’intero Paese.
In breve, chiediamo che, nella “cosiddetta fase 2”, siano adottati provvedimenti che consentano di riprendere gradualmente condizioni di “normalità” per ambiti geografici “sanificati, NO Covid-19”, ovvero la revoca delle limitazione alla circolazione e la ripresa delle attività economiche e commerciali all’interno dei comuni ove non si registrano casi di contagio, ampliando gradualmente verso aree geografiche più vaste ma prive di contagi. Naturalmente, rimarrebbero ancora alcuni obblighi in pubblico di distanziamento sociale e di utilizzo di mascherine e guanti. Si dovranno, invece, mantenere limitazioni, con controlli di temperatura corporea ed eventuali tamponi, per chi entra nell’area geografica sanificata. Corollario di tale strategia, non potrà che essere la ricerca costante di eventuali contagiati, ancorché non conclamati con sintomi lievi o asintomatici, attraverso l’effettuazione sistematica di tamponi per aree geografiche coincidenti con gli ambiti comunali.
Con l’auspicio che quanto richiesto possa trovare la giusta attenzione, e che la cosiddetta “Fase 2” non si risolva in una resa al virus, la preghiamo di voler gradire l’espressione delle più vive cordialità.