Sul Green pass obbligatorio scuola i giudici amministrativi continuano a dare ragione al Governo Draghi e al ministero dell’Istruzione: dopo il sì del Consiglio di Stato dei giorni scorsi, l’8 novembre il Tar del Lazio ha confermato, con una nuova ordinanza, che è lecita l’imposizione della certificazione “verde” tra docenti, Ata e dirigenti scolastici, e quindi pure l’esibizione della stessa certificazione e la modalità di verifica della certificazione. Dal tribunale regionale è arrivato anche il via libera l’assunzione dei costi dei tamponi molecolari ed antigenici da parte del ministero dell’Istruzione solo in favore del personale esentato dalla vaccinazione.
La posizione è giunta come risposta a un ricorso con il quale si contestava la legittimità costituzionale della normativa in questione.
I giudici preliminarmente hanno respinto la tesi “secondo cui la normativa in esame, nell’imporre il requisito del possesso della certificazione verde, introduca in via diretta o mediata un obbligo vaccinale. Difatti, la vaccinazione, alla luce della normativa vigente, è un atto di carattere facoltativo, fatta eccezione per alcune categorie particolarmente esposte, quali la categoria dei sanitari gravati dall’obbligo specifico, qualora non intendano essere adibiti a mansioni che non comportino un contatto con il pubblico”.
Il Tar sostiene, quindi, che “al di fuori dei casi sovraesposti, non può perciò ritenersi sussistente alcun profilo di obbligatorietà della vaccinazione in quanto la procedura pone l’alternatività, a carico dei soggetti destinatari della norma, tra il possesso della certificazione verde e la sottoposizione a test molecolari o antigenici rapidi ai fini della mancata sottoposizione alle sanzioni previste”.
A proposito della ipotesi di “violazione del diritto del personale scolastico a non essere vaccinato“, il Tar replica che “il prospettato diritto, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza”.
E comunque, continuano i giudici del tribunale amministrativo laziale, “il predetto diritto è riconosciuto dal legislatore il quale prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2”.
Il costo del tampone, sempre per il Tar, non può essere addebitato allo Stato: “nell’ottica del legislatore la presentazione del test in questione in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione costituisce una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa”.
Disco verde dal Tar anche sulla “automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni”: per i giudici è dunque una soluzione razionale privare i lavoratori dello stipendio per i giorni di mancato possesso del Green pass.
E pure “correttamente e razionalmente giustificabile, alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente”, che quindi non potrebbe svolgere la sua attività in modo diverso.
A proposito, infine, dei supposti limiti giuridici del Green pass legati alla mancata privacy, il Tar ritiene che “il prospettato rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili connessi alla implementazione del” cosiddetto “Green pass appare rivestire carattere meramente potenziale”.
Ancora di più, continuano i giudici nell’ordinanza, “che i ricorrenti, dichiarandosi contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione”.
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