I primi giorni di scuola scorrono lentamente e ancora molti vuoti sono rimasti da colmare. Non si possono chiamare i supplenti per il blocco delle graduatorie e in alcune scuole si procede ancora con orario ridotto per la carenza del personale, per il green pass che non tutti ancora hanno e per i casi di Covid che mettono in allarme tutto il sistema, inducendo a riattivare la DAD che si voleva congelare.
I dirigenti sono oberati di incombenze e controlli da svolgere anche sulla posta elettronica che sta divenendo il canale di comunicazione scuola-famiglia. Controllare e rispondere a decine e decine di mail giornaliere non è cosa facile e scontata . Tra queste e-mail ci potrà essere anche l’annuncio di un caso Covid positivo e a quel punto scatta tutto il meccanismo di comunicazioni e di controlli.
I ragazzi, lieti di ritrovarsi con i compagni cominciano a carburare, e per molti di loro c’è da recuperare e colmare i vuoti e le lacune che la DAD ha lasciato. Carenza di conoscenze, limitate e fragili abilità che stentano a divenire “competenze”.
Chi pensa all’adeguamento ed all’organizzazione della didattica se i dirigenti sono oberati dalla pressione burocratica degli adempimenti Green pass e Covid?
Quale slancio innovativo per una didattica aperta ai nuovi codici comunicativi, all’uso intelligente delle tecnologie, all’acquisizione di un metodo “imparare ad imparare”, alla costruzione del progetto di vita di ciascuno lungo il percorso scolastico sul binario educativo e culturale in vista del traguardo professionale?
Quale innovazione nel processo costruttivo di “scuola inclusiva” capace di diventare “di tutti” e “per ciascuno”?
Quando leggiamo che a in diverse città italiane la dispersione scolastica supera persino il 20% ci si rende conto che l’azione formativa della scuola risulta ancora improduttiva e la didattica finora applicata si è rivelata inefficace.
Quale cammino verso una consapevolezza di cittadinanza attiva e responsabile le scuole hanno progettato utilizzando in maniera corretta la trasversalità dell’educazione civica, come disciplina da valutare con la formulazione di un giudizio, nella scuola primaria e con un voto, nelle scuole secondarie?
Non si può vivere di rendita o limitarsi a riproporre il tradizionale modo di “svolgere il programma” e “assegnare” compiti, quando il traguardo di una scuola di qualità è “insegnare” a “saper fare per saper vivere”.
Sono questi gli interrogativi che sollecitano l’impegno degli educatori a puntare il faro dell’attenzione verso il cuore della scuola che è l’azione formativa, utilizzando in maniera corretta, come strumenti e non come fine i contenuti culturali delle discipline, indirizzando l’attenzione alle perfomance, al saper fare, al learning by doing come ha insegnato e dimostrato il filosofo pedagogista John Dewey, del quale il prossimo anno celebreremo il settantesimo anniversario della morte.
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