I lettori ci scrivono

Green pass o foglia di fico?

Sono una cittadina che è anche insegnante, vaccinata dal 31 maggio di quest’anno, ed esprimo la piena convinzione che solo il vaccino ci aiuterà a superare la pandemia, anche se più lentamente di quanto si speri e magari con qualche passo indietro anziché in avanti (vedi il moltiplicarsi delle varianti).

Eppure mi sento umiliata dai recenti provvedimenti che sembrano disprezzare non solo il ruolo dei docenti, ma anche l’intelligenza comune e il buon senso.

Nel settembre dello scorso anno gli insegnanti hanno accettato ciò che arrivava: classi sovraffollate, pareri creativi del CTS sull’uso delle mascherine, famiglie negazioniste, dad con mezzi di fortuna, vaccinazioni a fase alterne, vaccini meno efficaci a dispetto dell’età.

E che arriva dodici mesi dopo? Il Green Pass con l’obbligo di sospensione dallo stipendio dopo cinque giorni di assenza ingiustificata.

Ribadisco non solo che sono vaccinata con doppia dose, ma che ho preferito non incontrare a cena persone che avevano deciso di non sottoporsi al vaccino. Tuttavia la decisione adottata dal Governo passa ogni segno, persino quello del buon gusto.

Perché gli studi medici e gli ospedali sono ancora frequentati da operatori sanitari non vaccinati che per parecchi mesi (non solo cinque giorni) hanno ignorato l’appello al buon senso, e si sono visti pure recapitare una lettera con la possibilità di giustificare la scelta abbracciata.

Perché i musei potranno disporre di personale non vaccinato e senza Green Pass, che forse sarà incaricato di controllare la certificazione dei visitatori, e così pure accadrà per i ristoratori e il personale delle palestre e delle piscine: così che sia costretto il cliente ad esibire la certificazione, ma non il cameriere che lo serve.

Perché a settembre io entrerò nella mia scuola superiore con ragazzi dai quattordici ai vent’anni, la maggioranza dei quali non vaccinata: e nella narrazione governativa io dovrei proteggere quegli adolescenti per i quali il Green Pass non viene ritenuto necessario, mentre per entrare a scuola sono tenuti a sottoporsi all’antimorbillo e all’antivaricella.

Ma è così sconveniente affermare che sono i docenti a doversi proteggere dal contagio degli alunni?

Come mai in università, dove gli spazi sono meno sacrificati che a scuola, gli studenti dovranno rispettare l’obbligo della vaccinazione o del tampone e invece gli studenti minorenni sopra i 12 anni no?

Chi prende certe decisioni non frequenta da tempo le aule di una scuola italiana, con servizi sottodimensionati, muri scrostati, spazi limitati… È il Green Pass che risolverà queste tristezze strutturali?

Oggi si affrontano i problemi della scuola nascondendoli non con una foglia di fico ma con la certificazione verde.

Paola Comelli

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