Con l’inizio delle lezioni scuola, non si arrestano le lamentele di una parte residuale di personale che ritiene ingiusta la decisione di imporre il Green pass per svolgere il proprio servizio lavorativo. Vanno ricordati i venti e oltre docenti e Ata dell’Alto Adige che si sono addirittura dimessi, ma anche i 58 dipendenti sospesi sempre perché sprovvisti di Green pass. Poi ci sono i casi di opposizione da parte dei dirigenti scolastici per l’accesso nelle scuole di alcuni lavoratori sprovvisti di Green pass, anche se non necessariamente no-vax.
C’è anche chi ha prodotto autocertificazioni, appellandosi (ma senza avere possibilità di accesso a scuola) a norme europee che reputano discriminante il possesso obbligatorio del certificato verde.
Ma c’è anche chi si è vaccinato, con doppia dose, ha ottenuto regolare Green pass e non è stato ammesso a scuola, perché ha deciso di non esibire il documento. È il caso del professor Marco Meotto, docente di filosofia e storia presso l’IIS G. Natta di Rivoli, in provincia di Torino.
“Ammetto di essermela cercata – spiega il docente -, non ho voluto esibire il QR Code, ma solo un’autodichiarazione in cui indicavo le date di somministrazione delle due dosi di vaccino. Come era prevedibile, non sono stato ammesso”.
“Alla fine l’applicazione letterale della norme produce esiti degni del miglior Dürrenmatt: un dispositivo nato per incentivare la vaccinazione respinge i vaccinati”.
Meotto sostiene che “a questo serve la disobbedienza civile: a stimolare la riflessione pubblica”.
Il prof, a ben veder, dice che a chiunque glielo chieda consiglia “la vaccinazione come profilassi di salvaguardia della salute individuale e collettiva”, ma trova “la Certificazione Verde – dice – un dispositivo pericoloso sotto numerosi punti di vista. Mi pare di non essere il solo a pensarla così, se penso all’appello a firma di centinaia di accademici delle università italiane”.
Ma l’obbligo del possesso della “Certificazione Verde”, sostiene il filosofo, “risponde alla logica del capro espiatorio. Da docente e da educatore non lo posso accettare. Erano stati promessi aumenti degli organici, riduzione delle classi pollaio, interventi di edilizia, rimodulazione dei trasporti: poco o nulla è stato fatto”.
E ancora: “Sento il ministro Bianchi parlare di “scuola affettuosa” e intanto, mentre di fatto il nuovo protocollo ministeriale sulla sicurezza rende facoltativo il distanziamento in aula, si addebita a meno del 10% del personale l’eventuale insicurezza della scuola”.
“Mi si chiede di voltarmi dall’altra parte, adeguarmi all’esistente, a fronte di norme che prevedono l’esclusione e il solerte allontanamento dei miei colleghi dai luoghi di lavoro, senza che sia data loro la possibilità di un contraddittorio con le Autorità competenti”: Meotto ricorda i “casi di mancanza o difficoltà ad ottenere il Green pass per motivi burocratici o sanitari non adeguatamente valutati”.
Infine, si chiede: “cosa potrà mai succedere nelle interazioni tra allieve e allievi nelle classi, in termini di marginalizzazione e stigmatizzazione delle diversità, se pure noi – gli “educatori – accettassimo, senza battere ciglio, la logica della caccia all’untore?”.
“Per questo ho sentito forte il paradossale “dovere di disobbedire”. La coerenza con gli insegnamenti di educazione civica e cittadinanza consapevole che ho sempre cercato di promuovere vale sicuramente il prezzo delle sanzioni previste”, conclude il prof.
A breve, tuttavia, il problema del prof Meotto potrebbe risolversi “spontaneamente”: dal 13 settembre sarà un dispositivo telematico ministeriale ad informare i presidi chi della loro scuola non è in possesso del Green pass.
Quindi, da quale momento, quando riprenderanno le lezioni in classe, il docente non avrà alcun motivo di esporlo tutte le mattine all’entrata di scuola. E le sanzioni, sospensione più multa fino a mille euro (sempre se applicabili poiché in fondo il docente è in possesso del documento richiesto), potrebbero venire meno.
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