L’obbligo del Green pass, previsto dal decreto 111/21, continua mietere “vittime”: dopo il rifiuto dei dirigenti scolastici a fare entrare a scuola coloro che dal primo settembre non hanno mostrato il certificato verde, con conseguente possibili sanzioni, anche pecuniarie, dall’Alto Adige (dove le lezioni sono già iniziate ed è particolarmente elevata la presenza di personale scolastico non vaccinato) giunge la notizia che più di venti insegnanti e Ata contrari al Green pass si sarebbero addirittura dimessi dal servizio. Il licenziamento riguarderebbe prevalentemente le scuole in lingua tedesca, dove vi sarebbero anche 58 dipendenti sospesi sempre perché sprovvisti di Green pass.
Il fenomeno non sorprende, perché nelle scuole altoatesine risulta particolarmente alta, attorno al 35 per cento, la percentuale di insegnanti, amministrativi e collaboratori scolastici che non si sono volutamente sottoporre al vaccino anti Covid-19.
Sono lavoratori che, evidentemente, convinti delle loro ragioni, hanno anche però compreso che sottoporsi al fastidioso tampone diagnostico tre volte a settimana non sarebbe stato possibile.
Di certo, avrebbero potuto incorrere nella sospensione dal servizio, che non comporta l’avvio di alcun procedimento disciplinare, e pagare la multa fino a mille euro. Ma hanno preferito prendere la strada più radicale.
Anche perché hanno probabilmente compreso che nelle prossime settimane è molto probabile che il certificato verde sarà superato da una nuova legge: quella che impone l’obbligo vaccinale.
La situazione, al momento, non risulta comunque particolarmente difficile. Sigrun Falkensteiner, direttrice della scuola di lingua tedesca in Provincia di Bolzano, ha dichiarato ad Open: «Ci dispiace per ogni singola persona, ma parliamo di numeri gestibili che ci consentono di garantire la didattica».
Intanto, dopo l’Anief, anche l’associazione Codacons ha deciso di presentare ricorso contro l’obbligatorietà del Green passa: “è incostituzionale – si legge in una nota specifica per quanto sta accadendo in questi giorni in Trentino Alto Adige – perché si sta rivelando uno strumento per licenziare chi, dopo anni di sacrifici e rinunce, è riuscito a superare la precarietà lavorativa ed a ottenere un posto di lavoro”.
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