Attualità

Greta, la studentessa quindicenne che denuncia l’ipocrita inerzia dei politicanti mondiali

“Parlate solo di andare avanti con le stesse cattive idee che ci hanno portato in questo casino, anche quando l’unica cosa sensata da fare è tirare il freno di emergenza”.
Sono le incredibili parole che una quindicenne svedese, Greta Thunberg , ha rivolto ai leader mondiali riuniti a Katowice per la Conferenza mondiale sul clima, la Cop24: Conferenza con scarsi risultati, che ha confermato l’inerzia dei signori del pianeta rispetto alla catastrofe climatica incombente.

 

La lezione di una quindicenne ai potenti

La ragazza ha parlato con consapevolezza e chiarezza disarmanti (rare negli adulti): “A me non importa esser popolare. Mi interessa la giustizia climatica e salvare il pianeta. La nostra civiltà viene sacrificata per dar l’opportunità a un numero molto piccolo di persone di continuare a fare enormi somme di denaro. La nostra biosfera viene sacrificata in modo che le persone ricche di paesi come il mio possano vivere nel lusso. Sono le sofferenze dei molti che pagano per i lussi dei pochi. Se avrò figli, forse chiederanno perché non avete fatto niente quando c’era ancora il tempo per agire. Dite di amare i vostri figli, invece rubate il loro futuro. Finché non inizierete a concentrarvi su ciò che dev’esser fatto piuttosto che sul politicamente possibile, non c’è speranza. Dobbiamo mantenere i combustibili fossili nel terreno e dobbiamo concentrarci sull’equità. E forse dovremmo cambiare il sistema stesso. Il cambiamento sta arrivando, vi piaccia o no”.

 

Le Borse o la vita?

Greta ha compreso perfettamente qual è la posta in gioco, e perché i potenti della Terra non fanno nulla per scongiurare la sciagura. A fine 2015, infatti, si era svolta Parigi la Conferenza di Rio sui cambiamenti climatici (chiamata COP 21 o CMP 11), ventunesima sessione annuale della conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992 e undicesima sessione della riunione delle parti del protocollo di Kyoto del 1997. C’è quindi attenzione, e da decenni, sul problema climatico e ambientale da parte delle autorità internazionali, come si vede dalla precisione delle definizioni giuridiche. I poteri politici sanno benissimo che il problema esiste, anche se non ne parlano in tv. Così come lo sanno bene le compagnie di assicurazione, molte delle quali da almeno 20 anni escludono dalle proprie polizze i danni derivanti da “eventi meteorologici”, oppure aumentano le tariffe per questo tipo di copertura.

 

Terricidio” finalizzato agli interessi di pochi miliardari

Ciononostante, tutti gli accordi internazionali usano sempre i guanti di velluto nei confronti delle multinazionali dell’energia: l’accordo di Parigi, concordato il 12/12/2015, prevede solo che si cercherà di non superare i 2° di aumento medio globale della temperatura rispetto ai livelli preindustriali. Come se un aumento di 2°C non fosse già una catastrofe, una disgrazia mai vista nella storia, che toglierà a più di un miliardo di persone l’accesso a cibo e acqua potabile. Con le conseguenti migrazioni di massa, guerre e rovine.

 

Accordi stonati

L’accordo prevede che i Paesi che lo riconosceranno (ma riconoscerlo non è obbligatorio!) s’impegneranno ad assicurare un obiettivo di diminuzione delle emissioni. Il problema però è che il quantitativo di emissioni da ridurre… sarà volontario! Esisterà, sì, un dispositivo per obbligare un Paese a stabilire un obiettivo entro una data specifica: dispositivo che però non verrà applicato qualora l’obiettivo prefissato non sia stato adempiuto. Sarà realizzato solo un “name and shame”, cioè una black list di Paesi trasgressori, ma soltanto per “incoraggiarli” a far qualcosa per il clima. Un po’ come se un legislatore scrivesse “Vietato uccidere” senza stabilire una pena per l’omicidio, e prevedendo solo un “incoraggiamento” per gli assassini a redimersi.

Nonostante la “dolcezza” di questo accordo, che tutto è fuorché coercitivo, il biondissimo (ed allora settantunenne) presidente degli USA Donald Trump il 1º giugno 2017 informò che gli States si sarebbero ritirati dall’accordo di Parigi. Un colpo basso, che rese di colpo poco realistica ogni fiducia nella possibilità che la salvezza possa venire da chi governa il pianeta.

Recentemente, Trump ha persino attribuito la colpa della protesta dei “gilet gialli” francesi ed europei agli accordi di Parigi del 2015: «E’ il momento di porre fine al costoso accordo di Parigi», ha avuto l’ardire di sostenere.

Per contro, al poco fatto a Parigi nel 2015, Katowice non ha aggiunto altro risultato che un nulla di fatto.

 

Anche l’Italia nicchia

E il Governo italiano? Cambiano i “premier”, cambiano i partiti, cambiano le coalizioni, ma la politica energetica rimane la stessa: liberismo e spregiudicatezza. Unica differenza tra Destra e “Sinistra” sono le dichiarazioni d’intenti: ambientaliste (a parole) quelle di “sinistra”, brutalmente antiambientaliste quelle di destra. I fatti sono identici. Quanto al Governo attuale, tantissime le dichiarazioni roboanti in campagna elettorale sono state tantissime: fatti, non ancora pervenuti.

Scriveva Umberto Mazzantini su Greenreport il 13 novembre 2015 (durante il Governo Renzi): “L’Italia finanzia i combustibili fossili – e quindi il cambiamento climatico e le emissioni che dice di voler ridurre – con almeno 3,5 miliardi di dollari all’anno. Altri e autorevoli studi, come quello del Fondo monetario internazionale diffuso ad agosto e quello prodotto da Legambiente lo scorso anno, parlano di ben altre cifre. Nel primo caso, si evidenzia come i sussidi pubblici italiani al solo carbone arrivino a 4,02 miliardi di dollari l’anno, mentre il Cigno verde – mettendo insieme incentivi diretti e sussidi indiretti – arriva a calcolare in 17,5 miliardi di euro l’aiuto che lo Stato (con soldi pubblici) garantisce all’industria delle fonti fossili. Quel che è certo è che l’Italia nella lotta ai cambiamenti climatici può tranquillamente includersi nel vasto schieramento di quanti predicano bene ma razzolano male”.

 

Ci salveranno (forse) i giovani consapevoli (e i loro insegnanti)

Cosa dedurre da tutto ciò? Che i governi del pianeta sono affidabili? Che possiamo dormire sonni tranquilli circa il futuro della civiltà umana? Oppure che quanto resta della speranza è legato al moltiplicarsi di figure come quella della quindicenne svedese Greta Thunberg, e dunque all’azione consapevole delle Scuole, degli insegnanti, dei Dirigenti Scolastici più illuminati?

Alvaro Belardinelli

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