Dividere i buoni dai cattivi, gli asini dai bravi e fare aule dove i gruppi di livello siano il più possibile omogenei: questo per lo più il contenuto di una parte della nota del Miur dell’11 dicembre u. s. avente per oggetto “Orientamenti per l’elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa” e dove si dice che in forza della “flessibilità didattica e organizzativa” è possibile “l’adozione di modalità che prevedano di poter lavorare su classi aperte e gruppi di livello”; il che “potrebbe essere un efficace strumento per l’attuazione di una didattica individualizzata e personalizzata”.
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Non ci siamo, scrive Scuola Oggi! I due concetti non sono sinonimi e non possono essere usati indifferentemente. Con una didattica individualizzata si interviene su tutte le “capacità” di cui un alunno dispone, ma si tengono fermi gli obiettivi di apprendimento; con la didattica personalizzata sono gli stessi obiettivi che vengono curvati sulle “capacità” dell’alunno (ne è un esempio la didattica condotta con gli alunni diversamente abili). Lo so! E’ una considerazione maligna! Ma non vorrei che chi teme il ritorno alle classi differenziali avesse ragione!