La lite tra signore nata su WhatsApp e conclusasi per strada botte è stata ampiamente trattata da tutta la stampa nazionale.
Il caso di Napoli merita, tuttavia, una riflessione più approfondita, non tanto per le sue specifiche peculiarità, quanto perché l’ultimo di una lunga serie di litigi, dissidi e battibecchi nati e cresciuti all’interno delle cosiddette “chat di mamme”, gruppi WhatsApp spesso interamente al femminile (ma non solo), molto in voga nelle nostre scuole. Gli scambi vertono sulle attività dei propri figli: i compiti a casa e quelli in classe, le attività scolastiche ed extrascolastiche, le relazioni tra pari e con i docenti e altro ancora. Niente di male, anzi, questo genere di gruppi WhatsApp potrebbe essere molto utile ed efficace per un passaggio rapido di informazioni inerenti la vita scolastica dei ragazzi, soprattutto dei più piccoli.
Il problema è che, come tutti i social, anche le “chat di mamme” possono generare la caduta dei freni inibitori e dare la stura ai sentimenti meno nobili che albergano in ciascuno di noi: maldicenze, insinuazioni e pettegolezzi vari che talora travalicano la frontiera della legalità per configurarsi come vero e proprio reato: è dello scorso gennaio, ad esempio, una sentenza della Corte di Cassazione che dichiara punibile una mamma che ne offende un’altra su un gruppo WhatsApp. I fatti di cronaca, in questo senso, sono tantissimi – basta dare un’occhiata a un qualsiasi motore di ricerca – e il rischio di incappare in un’accusa di ingiuria o diffamazione è molto alto.
Si può fare qualcosa per arrestare questo fenomeno? Ci ha provato, qualche anno fa, il sindaco di Desulo, paesino di duemila abitanti in provincia di Nuoro, che ha messo al bando le chat di mamme con un’ordinanza. Ma, ahimè, com’è facile intuire, si trattava di una burla per porre il problema e discuterne pubblicamente.
Senza arrivare a considerarle “perverse”, come dichiarato da Paolo Crepet durante una conferenza, ci piace al contrario pensare alla possibilità che le “chat di mamme” possano – un giorno – diventare la sede in cui si firma una nuova alleanza educativa tra genitori e docenti. Un’alleanza un tempo esistita e spezzatasi nel momento in cui, come sostiene Massimo Recalcati, è venuta meno la differenza simbolica tra le generazioni e i genitori hanno assunto il ruolo di sindacalisti dei loro figli contro i professori. “Oggi – ha dichiarato lo psicanalista durante una puntata de “La Torre di Babele” sulla 7 – non viene dato più tempo al fallimento, alla caduta, allo smarrimento, che sono gli ingredienti fondamentali di ogni processo formativo. I genitori sono così portati a potenziare il narcisismo del figlio e a vivere con sospetto ogni iniziativa educativa da parte degli insegnanti: un provvedimento disciplinare, un’insufficienza, sono guardati sempre con sospetto, come se si trattasse di un abuso di autorità, un abuso di potere, di un’incapacità di vedere le enormi capacità dei propri figli”.
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