WhatsApp rappresenta uno strumento pratico e veloce, da utilizzare per ogni comunicazione: appuntamenti tra amici, messaggi di lavoro, chat di famiglia o di gruppo.
In qualunque contesto sembra non se ne possa più fare a meno, tanto da rappresentare il mezzo di comunicazione preferito non solo dai ragazzi, ma anche da tutte le componenti di una comunità scolastica.
Tempo fa su Twitter un cinguettio di Andrea Scrosati, numero due di Sky Italia, ha scolpito in centoquaranta caratteri una verità assoluta sulla quale le istituzioni dovrebbero riflettere. “I gruppi WhatsApp dei genitori hanno fatto più danni alla scuola italiana di venti riforme fallite”.
Anche i Dirigenti scolastici attaccano i famigerati ‘Gruppi WhatsApp’ creati dai genitori: “aumentano in modo considerevole i conflitti nelle scuole, troppo spesso i genitori li utilizzano in modo esagerato e offensivo”. In chat questioni nate dal nulla possono trasformarsi in problemi enormi. Sono una cassa di risonanza micidiale e pericolosa: in tanti scrivono con leggerezza, senza riflettere sulle conseguenze.
I componenti di questi gruppi si mostrano senza controllo sulle chat, il repertorio è lungo e molto variegato e va dalle accuse agli insegnanti alle antipatie fra genitori fino ad arrivare anche a commenti offensivi sui bambini.
Le chat di WhatsApp possono essere create non solo dai genitori, ma anche dai docenti e dal personale ATA e il principio delle dinamiche comportamentali all’interno dei gruppi non cambia.
In un primo momento le chat hanno quasi sempre un tono cordiale, collaborativo, costruttivo, informativo.
In un secondo momento, però, quando i componenti di un gruppo WhatsApp iniziano a prendere confidenza, le chat diventano spesso il motore isterico di una forma sofisticata di populismo.
Però, un articolo pubblicato da questa testata, apre uno squarcio nei problemi comportamentali all’interno dei gruppi WhatsApp, ovvero anche i Dirigenti scolastici ne fanno uso, cadendo negli stessi errori comportamentali sopra citati.
Una cosa è certa con un cattivo uso di WhatsApp si possono fare danni, infatti, basta scorrere le notizie della cronaca per scoprire i problemi che gli insulti o i commenti maldestri possono creare alle vittime di turno.
E dire che i Termini di servizio sono molto chiari al riguardo: chi usa WhatsApp si impegna infatti a «non pubblicare materiale che è contro la legge, osceno, diffamatorio, intimidatorio, assillante, offensivo da un punto di vista etnico o razziale, o che incoraggia comportamenti considerati reati, che danno luogo a responsabilità civile, che violano qualunque tipo di legge, o che sono in qualunque modo inopportuni».
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