Quando manca la fantasia e quando il fornitore della gestione del software per le prove concorsuali non valuta l’impatto che persino una password, alquanto violenta, può avere per i partecipanti. Una scelta arbitraria e decisamente brutta, in un momento in cui la parola “guerra” scuote le coscienze, tutte le pagine dei giornali e della informazione online, seminando raccapriccio, considerato le immagini che evoca.
È accaduto alla prova di inglese del concorso ordinario per la secondaria.
Qui i partecipanti per avviare la prova in contemporanea devono inserire una parola chiave che viene loro comunicata all’ora prevista. E quando scocca il momento i candidati apprendono che la password è “guerra”.
Il Fatto Quotidiano, che riporta la notizia, parla pure delle parole di sdegno di molti candidati che, già in ansia per il concorso, si vedono dettata quella password per entrare nel software, come se fra milioni di altre parole non ce ne fossero altre.
Ma pure imbarazzo e riprovazione, in un momento come questo in cui la stessa parola guerra sia diventata anche la più riprovevole e rigettata da tutte le coscienze, mentre qualche docente sibila pure: “Viene il sospetto che possa non trattarsi di un caso. È davvero difficile comprendere cosa possa essere passato nella testa della persona che ha fornito quella chiave d’accesso. È chiara l’inopportunità di quel sostantivo”.
E infine, secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, altri candidati commentano: “Il fatto che alla lettura della parola “guerra” molti siano rimasti sconcertati dice qualcosa di buono della nostra sanità mentale. Non ci siamo ancora abituati a questo termine. Forse la società fornitrice non ha pensato alle conseguenze che queste quattro lettere hanno ancora. In una scuola la parola “guerra” risuona proprio male”.
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