Nelle nostre classi, in questi giorni, abbiamo tentato di analizzare le ragioni della guerra in Ucraina, l’unico modo che avevamo di reagire alla tragedia.
Nel farlo, sia pure dal nostro parzialissimo punto di vista, abbiamo avuto bisogno di ricorrere a conoscenze complesse riguardanti la storia delle Nazioni e dei popoli coinvolti, gli interessi economici in ballo, la geografia, la geopolitica, le tecniche e la violenza del potere, gli scenari apocalittici di un possibile conflitto atomico.
Abbiamo tentato di restituire all’attualità il suo spessore storico e di ricostruire la rete delle sue motivazioni, perché almeno non rimanga del tutto incomprensibile [utilissima, da questo punto di vista, la sintesi di storia politica contemporanea dell’Ucraina delineata da Simone Attilio Bellezza nel libro Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa, Brescia, Scholé edizioni, 2022].
I nostri studenti avevano un enorme bisogno di capire quello che sta succedendo, per averne meno paura.
C’è da chiedersi come sarebbe stato possibile tutto ciò in una scuola senza conoscenze – considerate da qualcuno un inutile retaggio novecentesco, sostituibili con le “informazioni” provenienti da internet – magari in una scuola delle aziendalistiche “competenze non cognitive”.
Per scongiurare la violenza, il fanatismo, gli orrori del potere e della storia, la strada maestra non è forse quella di permettere alle nuove generazioni di raggiungere una conoscenza quanto più possibile ampia, approfondita e veritiera della realtà, la strada dell’istruzione, dell’umanità, della cultura?
La classe, in tal senso, non può che essere una “comunità interpretante”, in cui relazione affettiva e lavoro sui contenuti culturali sono inseparabili e si rafforzano a vicenda.
È così che al posto di masse cieche e soggette a qualunque manipolazione possono crescere persone libere, umane, consapevoli e responsabili. Non c’è libertà senza conoscenza.
Gruppo La nostra scuola
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