“Non c’è norma che tenga se le famiglie non fanno crescere i figli nel rispetto della vita, propria e altrui. Per questo è fondamentale l’aiuto della scuola”. Così il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi, si è rivolto nei giorni scorsi ai cronisti poco prima di partire per l’India per un incontro con l’omologo del gigante asiatico in occasione del primo Campionato mondiale di guida sicura. Sono parole importanti quelle rilasciate del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, perché investono la scuola di un ruolo centrale nella lotta alle morti per incidenti su strada.
“Con la collega Letizia Moratti – ha spiegato Lunardi – abbiamo lavorato molto in questa direzione: debbo però anche dire che abbiamo trovato delle resistenze di fronte alla nostra volontà di introdurre i corsi di sicurezza stradale negli istituti scolastici”. Il ministro non si è voluto soffermare su quali strutture o ambienti abbiano ostacolato il piano nazionale di sicurezza stradale, ma ha voluto esprimere un concetto chiave sulle intenzioni del Governo in carica sino alla fine della legislatura: “E’ inaccettabile – ha detto – che il 30-40% dei morti abbiano meno di 30 se non 25 anni e che ci siano più vittime della strada che delle guerre. Per sensibilizzare sull’opinione pubblica puntiamo sui giovani perché è risaputo che recepiscono meglio e poi è dimostrato che in realtà sono più rigorosi degli adulti. Gli stessi Campionati mondiali di guida sicura che si svolgeranno nei prossimi giorni servono proprio a coinvolgere le masse”.
Lunardi ha spiegato che negli ultimi due anni, a seguito dell’introduzione del nuovo codice della strada, gli incidenti sono stati in calo (-23%) ed anche i morti (-20%), ma che si tratta “solo di un buon inizio: abbiamo l’obiettivo di ridurre i morti sulle strade italiane del 50% entro il 2010”. Ad oggi sono 170 le persone che ogni giorno perdono la vita in Europa: “è come se ogni giorno cadesse un aereo – ha commentato il ministro – e non succede nulla. Quando arrivai al governo, casco per motociclisti a parte, non trovai nulla di rilievo. In 30 anni non si era fatto niente. Nonostante gli 8.000 morti, i 350.000 feriti, i 30.000 invalidi ogni anno. Ho chiesto anche agli psicologi di capire il perchè di questa rassegnazione. Queste iniziative sulla giusta guida su strada, che premiano i comportamenti virtuosi dei giovani che vi partecipano, hanno un valore straordinario. E’ un segnale proprio contro quel clima di rassegnazione della società civile a una strage quotidiana. La realtà è che avere la patente è come avere un porto d’armi: per questo l’auto rimane un’arma impropria: può addirittura dare piacere come essere strumento di morte”. Lunari è convinto, allora, che “servano patenti più severe, in cui non si deve solo dimostrare di saper parcheggiare, ma anche di guidare sulla neve o sul bagnato”.
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