Categorie: Didattica

Halloween? “È cultura anglosassone”. Ma è proprio così

Se la chiesa lancia la crociata contro Halloween, puntando il dito – tra gli altri – anche sulle scuole, colpevoli di assecondare, se non incentivare, l’interesse delle giovani generazioni per una festa dalle origini pagane, legata al culto di Satana, alcuni presidi rispondono dicendo che si tratta di fare conoscere ai ragazzi la “Cultura anglosassone” .

Dice infatti un prete sule colonne del Messaggero Veneto: «Non capisco le scuole che fanno tutti quegli addobbi, in classe per Halloween. Le zucche, i disegnini. Ma ci rendiamo conto di quale messaggio educativo stiamo impartendo ai nostri ragazzi? A scuola si deve insegnare la realtà, non la magia».

A queste parole, come a similari che la chiesa pronuncia contro una ricorrenza che con la nostra tradizione e la nostra cultura non ha nulla a che fare, qualche preside risponde  pensando di poter conciliare la posizione della chiesa con quella della scuola.

La ricorrenza delle zucche, si sottolinea da parte di taluni dirigenti, entra a scuola non fine a se stessa, ma come mezzo per veicolare lo studio di una lingua straniera e la conoscenza di una cultura diversa dalla nostra.

Non c’è nulla di male, di irrispettoso o blasfemo, insomma, nell’intagliare una zucca, imparare qualche filastrocca o disegnare personaggi e simboli associati ad Halloween, se lo scopo di tutto questo è di far entrare in contatto bambini e ragazzi con gli aspetti di una ricorrenza tipica del mondo anglosassone, oggetto (assieme all’inglese) di studio in classe.

«Davvero non si capiscono”, rispondono invece le parrocchie, “sotto il profilo educativo quegli adulti che si mascherano e che bussano alle case con i figli chiedendo “Dolcetto o scherzetto?”. Ma davvero conoscono il significato di questa festa? Non ritengono che vi siano altri messaggi educativi da comunicare ai giovani?».

E rincarano la dose esprimendo una condanna senza appello contro una «festa pagana, estranea e ostile al clima e al contesto di preghiera e di vera fede cristiana».

 E a nostro avviso, al di là del fatto che sia o no festa pagana, l’accusa contro questa sorta di burla in maschera dai toni truci e foschi non ha nulla a che vedere con la solare tradizione italiana, mentre in Sicilia sta scomparendo la struggente “festa dei morti” che vedeva i bambini protagonisti.

Il 2 novembre infatti era tradizione che i nonni e i parenti più cari morti deponessero nei posti più nascosti delle case regali per i nipotini nelle forme della pupa di zucchero, delle mostarde, delle marmellate ecc.

“Le cose dei morti” erano chiamate e con cui si rinnovava il patto antico del sangue e della discendenza tra i defunti e le giovani generazioni, in un dialogo mai sopito in cui la terra, il luogo della sepoltura e quindi dal corpo dell’avo infertilita e ingravidata,  consegnava i propri ultimi frutti prima del suo lungo riposo invernale. Ma questi erano riti e tradizioni siciliani che sono stati fatti scomparire e che vengono con ignavia ignorati a favore di uno scimmiottaggio anglosassone, provinciale, estraneo però a una cultura troppo lontana per capirne a fondo l’essenza che non sia quella dello sberleffo e della acriticità fine a se stessa.

Pasquale Almirante

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