Estero

“Hikikomori”, a Tokyo 1 su 76 è recluso volontario

In Giappone, dal più grande sondaggio mai realizzato per definire le dimensioni del fenomeno “hikikomori”, cioè quelle persone che si tagliano completamente fuori dalla vita sociale diventando reclusi volontari, è venuto fuori che  un residente su 76 del quartiere Edogawa di Tokyo può essere classificato con questa etichetta. 
Infatti, oltre 9mila cittadini su 250 mila di età superiore ai 15 anni sono stati inquadrati nella griglia dei reclusi volontari. Dal sondaggio si capisce che gli ultraquarantenni sono i più numerosi – non si tratta, quindi, di un fenomeno prevalentemente giovanile – e che le donne sono più degli uomini. 
Lo studio, riporta AskaNews, non ha incluso i ragazzi al di sotto dei 14 anni che non frequentano la scuola, perché la loro condizione è nota agli uffici e sono risultati essere 1.113 su 9.096 hikikomori individuati. 

Invece le fasce d’età più rappresentate sono i quarantenni (17,1 per cento) e i cinquantenni (16,6 per cento). Le donne rappresentano il 51,4 per cento, mentre i maschi il 48,3 per cento. 
Se coloro che permangono nello stato di hikikomori tra uno e tre anni sono il 28,7 per cento del totale, quelli che restano in quella condizione oltre i 10 anni sono il 25,7 per cento. 

Alla domanda se gli hikikomori avessero bisogno di aiuto, la risposta è stata,  da parte di quasi un terzo di loro: “Non abbiamo bisogno di nulla, stiamo bene così”. 
Moltissimi di costoro hanno un’età tra i 40 e i 64 anni e danno vita a quello che viene definito il “problema sociale 80-50”, dove 80 sta per gli anni che hanno i genitori che si prendono cura di loro, e 50 è l’età che stanno raggiungendo o hanno raggiunto gli “hikikomori” stessi. 

Talvolta questa condizione è accompagnata da altri sintomi correlati come la delusione rispetto al proprio corpo, rispetto al proprio odore, la paura del contatto con le altre persone, compulsioni ossessive, fino ad arrivare alla paranoia. Spesso questi sintomi sono conseguenza stessa dell’auto-reclusione che porta a un senso d’impotenza rispetto alla capacità di vivere in maniera efficiente la propria vita. Secondo gli esperti, la pandemia Covid-19 ha amplificato il problema.

Pasquale Almirante

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