Com’è noto, non è raro che vengano compiuti degli errori nelle operazioni di assegnazione delle supplenze (valutazioni sbagliate dei titoli dell’interessato o del controinteressato, dimenticanze delle segreterie nelle convocazioni, inesatte segnalazioni al “Sistema” in ordine alla disponibilità del docente, ecc.).
In molti casi, il docente interessato apprende solo per caso di essere stato scavalcato e- magari- lo viene a sapere quando è troppo tardi, in quanto la supplenza è già giunta a conclusione.
Spesso le rimostranze non conducono ad alcun risultato o- al più- si riesce ad ottenere, in sede di conciliazione, il riconoscimento del punteggio che sarebbe spettato qualora la supplenza fosse stata assegnata all’effettivo avente diritto.
Come si è visto, in sede di conciliazione, è già tanto se si riesce ad ottenere il punteggio, mentre è alquanto improbabile che la scuola accetti di liquidare al docente la somma che gli sarebbe spettata, qualora la supplenza gli fosse stata correttamente attribuita.
Secondo l’Amministrazione, al docente scavalcato ingiustamente non compete alcuna retribuzione, in quanto il contratto di lavoro è un contratto “a prestazioni corrispettive”.
In mancanza della “prestazione” (lo svolgimento effettivo dell’attività di docenza), l’insegnante nulla potrebbe pretendere come “controprestazione”, essendo la retribuzione strettamente connessa allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Non la pensa così il Tribunale di Bari, che ha avuto modo di pronunciarsi recentemente su tale problematica, con sentenza n. 2340/2020.
Il Giudice del lavoro ha infatti ritenuto che -se è vero che il docente non può pretendere la “retribuzione”- è altrettanto vero che lo stesso ha diritto al risarcimento del danno, danno consistente appunto nella mancata retribuzione e che potrà essere eventualmente ridotto qualora l’Amministrazione dimostri che nel frattempo il docente abbia percepito ulteriori retribuzioni (per esempio, in quanto impiegato in una supplenza per un minor numero di ore).
In mancanza, l’Amministrazione sarà tenuta a corrispondere al docente “scavalcato” una somma corrispondente alle retribuzioni che avrebbe percepito, nonchè a riconoscere al medesimo il relativo punteggio (c.d. “risarcimento del danno in forma specifica”).
C’è da dire che la pronuncia del Tribunale di Bari non è isolata.
La Corte di Cassazione ha da tempo riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, affermando che “il lavoratore può agire a titolo di risarcimento del danno ex art. 1218 c.c., per il mancato guadagno da perdita delle retribuzioni fin dal momento in cui sia accerti che l’assunzione fosse dovuta, detratto l’aliunde perceptum, qualora risulti, anche in via presuntiva, che l’interessato sia rimasto privo di occupazione o sia stato occupato, ma a condizioni deteriori” (Cass. Civ. sez. lavoro, ord. n. 16665/2020).
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