Si può dire però che non è vietato, spiega Il Corriere della Sera, perché la materia è stata regolata da decreti e circolari ministeriali che hanno circoscritto l’ambito di applicazione dell’educazione parentale: ai genitori viene richiesto di dare dimostrazione di avere la capacità “tecnica od economica” a insegnare – è sufficiente una autocertificazione – e di comunicare la propria scelta anno per anno alla direzione didattica di competenza. Se praticare l’istruzione parentale è possibile, alla scuola pubblica è comunque concesso di esercitare controlli sull’effettivo adempimento qualora vi siano “forti dubbi” sull’assolvimento dell’obbligo o se la famiglia sfugge ad ogni contatto.
Infine, sulla base di una interpretazione logico sistematica della normativa sull’obbligo di istruzione (DM 139/07) e di un recente parere espresso dal Consiglio di Stato, la scuola parentale può essere praticata, fino ai 16 anni con il conseguimento dei saperi e delle competenze relativi ai primi due anni di istruzione secondaria superiore.
Ma perché si preferisce l’educazione parentale invece dell’istruzione tradizionale? Il Corriere porta alcune testimonianze: «A suo tempo, il sistema scolastico tradizionale aveva minato profondamente l’autostima di mio marito, non riconoscendogli i suoi molti talenti, e io volevo evitare che a mia figlia accadesse la stessa cosa» dichiara Caterina, mamma di una bimba di otto anni e homeschooler. «Per questo ho preferito essere direttamente responsabile della sua crescita non solo intellettiva ma anche emotiva: una responsabilità troppo grande per delegarla a terzi».
Ma c’è anche chi sceglie l’istruzione parentale per ragioni logistiche, chi per motivi di salute dello studente e chi per una dichiarata sfiducia nella scuola tradizionale, ritenuta colpevole di sacrificare le esigenze dei singoli a favore di un’offerta formativa preconfezionata dai programmi ministeriali. «Quando parliamo di homeschooling non parliamo solo di istruzione ma di molto altro: è uno stile di vita che mette al centro la famiglia» afferma Sybille Kramer, artista altoatesina che per cinque anni ha vissuto l’esperienza della scuola parentale con i suoi due figli condividendone il percorso in rete dove ha fornito materiali e spunti di riflessione, tanto da diventare un punto di riferimento degli homeschoolers.
I punti di forza dell’homeschooling, viene ancora detto, sarebbero tanti: si dà ai ragazzi la possibilità di gestire le giornate in modo libero, interessante e multidisciplinare; si garantisce la continuità didattica, svincolata dalla presenza degli insegnanti; si eliminano i fattori che possono creare stress e bloccare l’apprendimento come, ad esempio, i ritmi forzati dettati dal programma, il continuo confronto con gli altri, la restrizione del tempo libero, la presentazione di temi per i quali il ragazzo non è ancora pronto; si asseconda la naturale curiosità del bambino insegnandogli a imparare non per ottenere un buon voto, ma per il solo gusto di farlo.
Per rientrare in un percorso didattico tradizionale lo studente dovrà sostenere un esame di idoneità che gli consenta l’accesso alla classe successiva o, nel caso non siano state raggiunte le competenze richieste nella classe ritenuta adeguata alla preparazione ricevuta in base a un programma didattico elaborato dalla famiglia e approvato dalla Commissione
Tuttavia, scrive sempre Il Corriere, attorno al tema dell’homeschooling si scatenano feroci contrapposizioni ideologiche. Gli homeschooler accusano la scuola tradizionale di educare i bambini all’omologazione e al nozionismo, costringendoli a una socializzazione forzata tra coetanei che impedirebbe loro di imparare dall’esperienza dei più grandi. A loro volta vengono accusati di elitarismo – ci vuole molto tempo a disposizione per diventare docenti dei propri figli e non tutti possono articolare le proprie giornate attorno alla loro istruzione – e di crescere bambini incapaci di far fronte a situazioni di stress, autocentrati e chiusi al mondo.
«L’educazione parentale è carente su un aspetto fondamentale: manca il gruppoclasse che ha di per se stesso un valore educativo fondamentale» dichiara Fabrizia, insegnate in una tradizionalissima scuola primaria. «Tra ragazzi che condividono lo stesso percorso si sviluppano dinamiche non riproducibili tra le mura domestiche, alchimie ed equilibri in grado di insegnare a stare al mondo. È uno spazio protetto dall’ingerenza dei genitori dove gli studenti possono incontrare incoerenze e ingiustizie ma anche solidarietà, empatia e senso di appartenenza».