In base ad una persuasione assai diffusa nell’immaginario collettivo, si suppone che in “tenera età” le amicizie siano ancora sincere e disinteressate. In realtà, non è sempre così, nella misura in cui non mancano rare eccezioni. Mi dispiace deludere chi abbia altre opinioni, sfatando una rassicurante rappresentazione, assai incantevole e fiabesca del mondo infantile, derivante da luoghi comuni falsi, comodi e banali, ma la mia esperienza professionale di insegnamento, che mi ha impegnato direttamente sul “campo di battaglia”, a stretto contatto con i bambini, mi ha convinto che la natura infantile non è affatto innocente, ovvero disincantata come si tende ingenuamente ad immaginare.
Non serve affatto scomodare le note interpretazioni di scuola “genetista” per suffragare un’ipotesi che discende dall’osservazione diretta ed empirica del comportamento infantile. Il DNA non si può smentire, né correggere facilmente. Lo stesso Freud affermò che l’indole di una persona si è già compiutamente plasmata all’età di tre anni. Per cui, se uno è già stronzo (perdonate il termine) in erba, difficilmente diventerà una persona migliore in età adulta.
Anzi, temo che possa peggiorare. Specie se dovesse crescere in un pessimo ambiente socio-familiare. Ed il tipo di società (capitalista o come preferite chiamarla) in cui noi viviamo, in cui imperversa un’ideologia che esalta l’egoismo estremo e regna un clima di atroce indifferenza, di alienante ed esacerbata competizione, in cui le relazioni interpersonali sono regredite, non aiuta ad educare un’umanità migliore. Anzi, l’indole umana è costretta ad inferocirsi ulteriormente (“homo homini lupus”, sosteneva Thomas Hobbes), per cui l’essere umano è condannato ad un “destino” di crescente abbrutimento etico-spirituale.