Il prossimo 4 marzo saranno passati tre anni dall’incendio doloso che, nel 2013, ha distrutto per intero il museo hands on di Città della Scienza Bagnoli. Ma la struttura mandata al rogo da una mano ancora sconosciuta per ragioni incomprensibili è già in fase di ricostruzione, quella tangibile del manufatto e quella intangibile con la proposizione di nuove idee.
Per la Fondazione IDIS-Città della Scienza il 4 marzo 2016 sarà, dunque, un giorno di “memoria attiva” da cui si lanciano 3 messaggi:
La Città della Scienza è nata, oltre un quarto di secolo fa, in un’area manifatturiera, Bagnoli, che con oltre 15.000 tra operai e colletti bianchi era il fiore all’occhiello di Napoli, che a sua volta era la seconda o terza città più industrializzata del paese. In pochi anni quella straordinaria prateria si è trasformata in un deserto. Per di più altamente inquinato. Ebbene, la Città della Scienza, con i suoi circa 80 dipendenti, è l’unica oasi in quell’immenso deserto. La sua presenza ha un valore inestimabile. Che va persino oltre le molte attività che essa propone. Città della Scienza costituisce uno spot perenne al lavoro qualificato – un lavoro fondato sulla conoscenza – in un’area e in una città che ha conosciuto come poche altre in Europa il fenomeno della deindustrializzazione.
La Città della Scienza costituisce un presidio di legalità, ancora una volta, in un’area e in una città dove le organizzazioni criminali sono le uniche a offrire lavoro e modelli di vita. Inoltre si offre come esempio di impresa ecologicamente sostenibile in un deserto inquinato che da trent’anni nessun altro ha cercato di recuperare. Per questo sono difficili da comprendere alcune organizzazioni ambientaliste locali che la Città della Scienza vorrebbero spostarla altrove.
La Città della Scienza sta puntando molto sui giovani. Sui giovani qualificati. In ogni e ciascuna le attività che abbiamo menzionato. E lo fa, ancora una volta, in un’area e in una città che negli ultimi decenni ha conosciuto il più alto tasso di disoccupazione giovanile e il più alto tasso di migrazione intellettuale d’Italia e, forse, d’Europa.