Secondo il consuntivo 2014 della Polizia Postale e delle Comunicazioni, nel 2014 in Italia sono stati più di 300 i casi di prepotenze on-line compiute da minori contro minori, il doppio rispetto all’anno precedente.
Secondo Barracuda Networks, società leader nell’ambito della sicurezza informatica, che in alcuni Paesi si occupa anche di questo tema offrendo soluzioni ad hoc, i cyberbulli hanno diversi modi di esprimersi e manifestarsi tanti quanti sono le possibilità di generare contenuti online dai social network ai forum, passando per i blog.
Sempre secondo Barracuda sono 3 le tipologie più comuni di cyberbulli:
1) I cyberbulli che molestano direttamente le loro vittime: E-mail, SMS e Instant Messaging diretti alla vittima sono gli strumenti preferiti da questa categoria che di solito agisce in anonimato o attraverso una falsa identità. Altra forma di attacco comune è postare sui social o sui blog pettegolezzi sulla vittima.Questa tipologia può anche adottare tecniche più subdole, come:
2) I cyberbulli mascherati:Questa tipologia di bullo “ruba” l’identità della vittima creando account che replicano il suo nome per poi navigare in rete sotto falsa identità e comportarsi male. Queste attività sono destinate a cambiare la percezione che il pubblico ha della vittima in modo negativo. Altre tecniche che rientrano nella stessa categoria sono:
3) I cyberbulli fotografi e videomaker: ci sono nella vita momenti in cui nessuno di noi vorrebbe essere immortalato, questa categoria di bullo è attenta a coglierli tutti. Le immagini possono essere riprese senza che la vittima se ne accorga o può trattarsi di scatti che non dovrebbero uscire dalla sfera privata. In tutti i casi, i bulli sanno cosa farne:
I bambini e i ragazzi non sono le uniche vittime del cyberbullismo, ci sono siti come l’ora fortunamente scomparso ‘Is Anyone Up’, che permetteva di postare foto di nudo altrui senza permesso alcuno, o ‘She’s Home Wrecker’ creati per umiliare gli adulti. Difendersi è complesso e mancano ancora delle tutele legali: basti pensare che “Is Anyone Up” funzionerebbe ancora se non fosse stato coinvolto in altre attività illegali a scopo di lucro. Se nessuno è immune al cyberbullismo, i giovani sono senza dubbio quelli che ne soffrono di più ed è nostra responsabilità tutelarli.
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