“Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica, consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare finalmente l’Italia nella Terza Repubblica”, aveva scritto la presidente Giorgia Meloni alla convention della Democrazia Cristiana di Gianfranco Rotondi, assumendosi ancora una volta la “maternità” di una riforma costituzionale storica e chiudendo nello stesso tempo la Seconda Repubblica nata da Tangentopoli.
L’ingresso nella “Terza Repubblica”, scrive il Corriere della Sera, dovrebbe avvenire grazie al disegno di legge in cinque articoli destinato ad approdare nel Consiglio dei ministri già venerdì.
L’opposizione Pd, per parola di Elly Schlein, ha già fatto sapere a Giorgia Meloni che non è disponibile a sostenere l’elezione diretta del premier, trattandosi di “ Un disegno spaventoso e sconclusionato”
In pratica nel ddl, su cui lavora Maria Elisabetta Alberti Casellati, il capo dello Stato conferisce l’incarico al premier eletto e mantiene il potere di nominare i ministri su indicazione del capo del governo, il quale non può revocarli.
Non c’è sfiducia costruttiva, ma una norma anti-ribaltone per garantire continuità alla legislatura e impedire che i parlamentari cambino casacca. Se il premier si dimette o cade non si torna subito al voto. Il Quirinale può conferire l’incarico allo stesso premier uscente, oppure a un altro parlamentare, collegato al predecessore eletto direttamente dal popolo, purché sia votato dalla stessa maggioranza in entrambe le Camere.
Questa formulazione, proposta da Forza Italia, non convinceva FdI, perché toglie al capo del governo il potere di «minacciare» il ritorno alle urne.
La Carta costituzionale verrebbe modificata agli articoli 88, 92 e 94, mentre il cardine della riforma è l’elezione diretta del premier, il cui mandato dura cinque anni. C’è l’indicazione per un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% assegnato su base nazionale ed è prevista una sola scheda, con cui votare sia il premier sia le Camere.
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