La questione si trascinava da anni, da quando un giovane transgender fu trovato a fare i suoi bisogni nel bagno delle ragazze. Segnalazioni e prese di posizioni, tutto nell’affannarsi a stabilire se si trattava di un maschio, e quindi con l’obbligo di usare i bagni dei maschi, o di una femmina, come si sentiva il giovane, e quindi col diritto di usare le ritirate delle femmine.
Di questi giorni la decisione della Corte Suprema degli Stati che ha dato ragione alla scelta di un distretto scolastico della Pennsylvania che permette agli studenti transgender di scegliere di usare il bagno che corrisponde alla propria identità di genere.
E di conseguenza è stato respinto il ricorso del gruppo conservatore, Alliance Defending Freedom, che rappresenta studenti in una serie di ricorsi simili in tutto il Paese.
La Corte, che ha ora una maggioranza di giudici di orientamento conservatore, ha quindi confermato la sentenza della corte d’appello del terzo circuito che, all’unanimità, aveva riconosciuto la legittimità della misura del distretto scolastico. “Questa è una vittoria per studenti ed insegnanti transgender in tutto il Paese”, ha subito commentato l’Aclu, organizzazione per i diritti civili che patrocinava il caso.
Di tono ovviamente opposto la dichiarazione dell’organizzazione conservatrice: “Gli studenti che hanno problemi con la loro identità di genere hanno bisogno di compassionevole sostegno, ma ragioni fondate sul buon senso hanno da sempre portato ad avere nelle scuole una separazione tra maschi e femmine nei bagni e negli spogliatoi”.
Aggiungiamo che una lagnanza simile fu sollevata, nel 2006, anche da un ex parlamentare transgender che si rifiutava di usare i bagni degli uomini a Montecitorio, con queste motivazioni:”Io mi riconosco nel genere femminile e uso i bagni delle femmine. Le scelte relative alla propria identità sessuale appartengono alla sfera personale e come tali vanno rispettate”.
E i Questori della Camera le diedero ragione.
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