Si parla sempre di più della capacità di scrittura a meno dei bambini che, secondo molti studi, si è ridotta negli ultimi anni. I più piccoli, abituati dai dispositivi digitali, sono sempre meno abituati a scrivere con carta e penna, e, di conseguenza, ad allenare la calligrafia e imparare il corsivo.
I dati
“I bambini non sanno più scrivere a mano. E se lo fanno, le parole sono incomprensibili. Non si capisce nulla”, scrive il Telegraph. Uno studente su cinque della primaria, scrive La Repubblica, fa fatica a uscire dallo stampatello allenato da smartphone e pc. I casi di disgrafia, sostiene l’Osservatorio carta, penna e digitale della Fondazione Einaudi, sono aumentati del 163% in dieci anni.
Secondo il National Literacy Trust, in Inghilterra i più piccoli scrivono sempre meno. Uno studio su 76mila bambini dello scorso giugno ha mostrato come solo uno su dieci lo faccia a mano da solo ogni giorno, contro il 50% del 2009. Nel Regno Unito Mellissa Prunty, presidente della National Handwriting Association, ha chiesto “che la scrittura a mano venga insegnata anche nella scuola secondaria”.
Le iniziative
In Italia è nato un intergruppo parlamentare a difesa della penna e una proposta di Fratelli d’Italia ha appena passato il primo esame in commissione Cultura alla Camera. Si vuole istituire la “Settimana nazionale della scrittura a mano”, puntando al riconoscimento della calligrafia come patrimonio dell’umanità Unesco, in un misto tra “sviluppo delle capacità cognitive” e difesa “di un elemento fondamentale della cultura italiana e occidentale”.
Il maestro Franco Lorenzoni, ragione: “Oggi i bambini sanno usare le tastiere ma non sanno allacciarsi le scarpe. Ricominciamo dai nodi, usiamo la creta, dipingiamo, usiamo colori di forme e materiali diversi, creiamo un orto, tocchiamo la terra. L’uso della mano è una forma di intelligenza, ridurla a un polpastrello che digita è una forma di deprivazione culturale”. Viva l’esercizio di stile del corsivo, “basta che non diventi un dogma”, che non sia legge, “perché la didattica è libera. Bisogna moltiplicare i linguaggi, non ridurli”.
Il corsivo è una tortura?
Qualche mese fa è esploso il dibattito in merito alla scrittura e all’ortografia su X: alcuni utenti hanno fatto notare come è sempre più comune l’abitudine degli studenti di scrivere i temi in stampatello e non in corsivo. Da qui il dibattito si è infiammato: c’è chi crede che imparare a scrivere in corsivo sia ormai inutile, e chi invece crede che sia una vera e propria fase dello sviluppo degli studenti da non sottovalutare.
“Ragazzi che in prima liceo scrivono i compiti in stampatello, perché in corsivo non hanno mai imparato a scrivere: non glielo hanno mai insegnato. Io vado ai pazzi. Ho parlato stasera con un ragazzino. Nella sua scuola gli dicevano che imparare il corsivo è troppo difficile per i bambini e quindi sono tempo ed energie sprecate. Sarò antica, ma la trovo un’idiozia enorme. Ho imparato a leggere e scrivere a 4 anni pur non essendo Einstein. Non ho mai visto, intorno a me, bimbi stressati per il fatto di dover imparare a scrivere. Era un’esperienza, ci si sentiva grandi, era un piacere”, ha scritto un’utente.
“Più che dell’incapacità di scrivere in corsivo mi preoccuperei dell’incapacità di scrivere in un italiano grammaticalmente corretto”.
“è scomodo, ci metto il triplo del tempo, è inutile perchè non viene usato in nessun altro paese. Per quale motivo dovrei scrivere in corsivo?”.
“Che bello! Io ho sempre avuto una brutta calligrafia ma era un tabù pensare di scrivere in stampatello a scuola. Sono contento che adesso semplicemente… si faccia”.
“Da mancino, il corsivo è una letterale tortura. Inoltre è spesso illeggibile, ed è un retaggio di un’epoca dove scrivere bene a mano era più importante di altre cose. Va abolito e basta”.