Più spessa sarebbe la corteccia cerebrale dei lobi temporali e occipitali: aree associate alla percezione visiva e all’accumulo di informazioni. Differenze che, calcolano gli autori, potrebbero spiegare il 44% circa delle diverse performance mostrate durante le prove di rendimento scolastico, in cui i ricchi riescono mediamente meglio.
Il nuovo studio, pubblicato su Psychological Science e ripreso dal Telegraph, avanza quindi una nuova possibile «teoria anatomica» per spiegare perché – come emerso in passato da numerose ricerche – i bambini più benestanti vanno anche meglio a scuola e centrano traguardi accademici superiori.
«Esattamente come ci si può aspettare – afferma John Gabrieli, professore di scienze cognitive e del cervello al Mit – il fatto di non poter contare su un ambiente vantaggioso ha un costo reale». E il prezzo che si paga «lo possiamo vedere non solo dai punteggi ottenuti nei test o dai livelli di istruzione raggiunti, ma anche all’interno del cervello dei bambini. Lo considero un invito all’azione, a fare in modo di aumentare le opportunità anche per quei bambini che non possono contare su un ambiente favorevole». Perché «solide evidenze – ricordano gli scienziati – ci dicono che il cervello è altamente plastico» e dunque l’effetto-povertà potrebbe non essere permanente, bensì recuperabile con stimoli ad hoc. (AdnKronos)
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