Nei prossimi due anni il governo Meloni vuole tagliare ancora il numero delle istituzioni scolastiche e lo fa innalzando il numero minimo di alunni/e che passa dagli attuali 500 a 900 alunni/e. Questo significa che in un triennio verranno tagliate almeno altre 700 scuole in tutta Italia. Il “dimensionamento delle scuole” è un’operazione di tagli e accorpamenti iniziato nel 1998/99 quando in Italia c’erano 12.687 istituzioni scolastiche, nel 2009/2010 erano state ridotte a 10.452 e nel 2022/23 sono ulteriormente scese a 8.007 istituzioni scolastiche, che raggruppano 40.466 sedi scolastiche: scuole mastodontiche, difficili da gestire, con migliaia di alunni e, specialmente nel caso degli istituti comprensivi, con decine di plessi sparsi anche su diversi comuni.
Con l’innalzamento del parametro minimo da 500 a 900 alunni/e saranno a rischio le scuole delle isole e delle comunità montane, scuole già in sofferenza perché colpite dalla denatalità e dall’abbandono dei territori e che adesso potrebbero essere costrette a chiudere. La Corte costituzionale con la sentenza 147/2012 ha deciso che il Ministero ha competenza sulla nomina di Dirigenti scolastici e Dsga (segretari) mentre le Regioni hanno competenza sul dimensionamento delle scuole: per questo la norma della legge di bilancio 2023 prevede che il MI nomini dirigenti scolastici e segretari e che la riduzione avverrà con il coinvolgimento delle Regioni. In ogni caso, l’intera operazione è finalizzata alla riduzione delle scuole e – se verranno salvate le scuole delle isole e di montagna – ciò si tradurrà in un ulteriore taglio nelle scuole nelle città, dove non ci sono problemi ad aumentare all’infinito il numero di alunni per classe, come abbiamo visto fare negli ultimi venti anni.
Senza alcuna vergogna, i risparmi conseguiti da questo ulteriore taglio finiranno in un Fondo destinato ai Dirigenti scolastici “per compensare gli esuberi e incrementare il Fondo Unico Nazionale della dirigenza scolastica, anche oltre i limiti imposti dalla normativa vigente”. Garantire la scuola pubblica in tutto il territorio dello Stato è compito prioritario e fondamentale della Repubblica: tagliare altre 700 scuole è un danno enorme all’istruzione pubblica. Al contrario, andrebbe attuato subito un piano finalizzato al recupero degli alunni in difficoltà, riducendo il numero di alunni/e per classe e assumendo a tempo indeterminato tutti i docenti che lavorano da almeno tre anni con contratti precari (e gli Ata con due anni), come da anni ci chiede l’Europa.
Anche per questo sciopereremo il 2 dicembre e saremo in piazza a Roma (Ministero Istruzione V.le Trastevere ore 10, Ministero Lavoro, V. Molise ore 9.30), Torino, Milano, Padova, Trieste, Genova, La Spezia, Bologna, Firenze, Pisa, Grosseto, Ancona, Terni, Napoli, Bari, Taranto, Catania, Palermo,
Silvana Vacirca Esecutivo nazionale COBAS Scuola
pubbliredazionale