Le Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, adottate con Decreto Ministeriale n. 183/2024, costituiscono un documento prescrittivo che ignora buona parte delle dimensioni educative su cui si sono impegnate le scuole negli ultimi quattro anni e introduce nuovi contenuti. Nel testo si fa spesso riferimento alla Costituzione, ma operando delle forzature di parte: i ridondanti richiami al sentimento di appartenenza all’Italia, alla patria e a una comune identità italiana non sono conformi al testo costituzionale in cui le parole “Italia” e “patria” sono utilizzate con molta parsimonia. Il termine “Italia”, che apre la Costituzione, è in forte connessione con i valori della Repubblica e della democrazia. È presente poi solo nell’art.11 che segna la riprovazione e il rifiuto all’aggressione verso altri popoli. In merito alla parola “patria”, questa è citata solo negli artt. 52 e 59, rispettivamente sul servizio militare e sul potere del Presidente della Repubblica di nominare i 5 senatori a vita. Per trovare il termine “patria” nei programmi scolastici bisogna tornare ai Programmi per la scuola elementare del 1955 in cui l’amore per la patria è il sentimento che deve entrare nella coscienza “come attuazione dei valori nazionali, ordinati negli ideali della comprensione internazionale”. Il richiamo agli ideali della comprensione internazionale è un’apertura al mondo che, invece, risulta del tutto assente in queste Linee guida dove si accenna alla necessità di favorire l’inclusione e l’integrazione degli alunni stranieri, ma al fine di sviluppare coesione civica, senso della comunità intesa come nazionale (la patria), e senso di appartenenza. Per una “autentica integrazione” si richiede l’acquisizione della consapevolezza di una “coscienza di una comune identità italiana”.
Preme sottolineare l’utilizzo della categoria “stranieri” per definire studenti con background migratorio, ognuno con la sua storia. Nella scuola l’origine migratoria si perde in una miriade di tratti che si intersecano, che necessitano di interventi educativi interculturali finalizzati all’acquisizione della capacità di valutare e interpretare la realtà, oltre le dicotomie noi-gli altri/uguali-diversi, e al superamento di stereotipi e pregiudizi. Riferendosi alla Costituzione, il documento riporta “la necessità di sottolineare la centralità della persona” dalla quale fa discendere “l’importanza di valorizzare i talenti di ogni studente”. La scuola costituzionale pone però la centralità della persona come centralità del diritto all’istruzione per tutte/i e del dovere della scuola di istruire tutte/i. In base agli artt.3 e 34, la scuola non è quella “che stimola e valorizza ogni talento”, ma quella che ha come fine l’uguaglianza dei risultati formativi. Il talento è una dote naturale oppure il risultato di stimoli ambientali? Già don Milani, in “Lettera a una professoressa”, aveva stigmatizzato la “teoria delle attitudini” tacciandola come classista e razzista. Non c’è nessun merito se si nasce con un certo talento o se si cresce in un determinato ambiente sociale. La scuola democratica non si fonda sugli ideali della meritocrazia (performatività, talento, abilità, successo, competizione), ma su principi quali la solidarietà, la libertà e l’eguaglianza.
Il secondo nucleo concettuale da “Sviluppo sostenibile” delle precedenti Linee guida diviene “Sviluppo economico e sostenibilità” con nuovi contenuti: valorizzazione dell’iniziativa economica privata, diffusione della cultura di impresa, autoimprenditorialità, educazione finanziaria e assicurativa, pianificazione previdenziale, valorizzazione e tutela del patrimonio privato, in stretta correlazione con l’affermazione che la competenza chiave europea “Spirito di iniziativa e di imprenditorialità” è quella preminente per “affrontare le sfide e le trasformazioni sociali attuali”. È questa l’ottica del testo che pone le fondamenta della società sull’iniziativa economica privata e sulla proprietà privata le quali, coniugate alla valorizzazione dei talenti di stampo neoliberista, segna la strada che si intende percorrere per la formazione del cittadino/imprenditore del domani.
Tra le 8 competenze chiave europee, il documento non fa riferimento né a quella sociale né a quella in scienze, tecnologie e ingegneria. Quest’ultima implica la “comprensione dei cambiamenti causati dall’attività umana e la responsabilità come singolo cittadino”, tema fondamentale nell’attuale epoca geologica, l’antropocene, caratterizzata da modifiche territoriali, strutturali e climatiche provocate dalle attività dell’essere umano. È assente un obiettivo fondamentale: la formazione del cittadino responsabile, libero, attivo, consapevole e inclusivo che traduce le idee in azioni orientate al benessere della collettività per una convivenza civile e uno sviluppo sostenibile. Si evidenzia che nel documento, tra le “gravi emergenze educative e sociali del nostro tempo”, venga citata solamente la violenza sulle donne senza alcun cenno alla violenza di genere e alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. La violenza di genere è un fenomeno storico che richiede interventi strutturali educativi per contrastare ogni pregiudizio. Non c’è traccia dell’educazione sessuale ed affettiva e, in generale, si rileva una scarsa attenzione verso i temi della diversità, dell’inclusione e della lotta alle discriminazioni sociali, mentre le scuole sono impegnate da anni in questa dimensione educativa.
Bruna Sferra – Esecutivo COBAS Scuola di Roma e provincia
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