È uscito il bando per il nuovo concorso per insegnanti, legato ai fondi del PNRR e destinato a chi ha già conseguito i 24 CFU oppure ha 3 anni di servizio nella scuola. Le iscrizioni sono aperte dall’11 dicembre 2023 al 9 gennaio 2024. Molte persone attualmente precarie a scuola quindi parteciperanno alla selezione che avverrà durante i prossimi mesi. Il concorso consiste in una prova scritta, su materie psico-pedagogiche e metodi di valutazione, e in una prova orale sulla propria disciplina di insegnamento. Quest’ultima si articolerà in una lezione simulata su un argomento estratto 24 ore prima e in una serie di domande, sempre inerenti alla disciplina, estratte la mattina stessa. In più, per alcune materie ci sarà la prova pratica (che dipende dalla disciplina). Alla fine di questo percorso ci sarà la valutazione dei titoli secondo un’apposita tabella.
Bisogna precisare che questo concorso non è abilitante: chi vince si avvia nella procedura di ingresso in ruolo che dura due anni e per vincere il concorso è necessario arrivare nelle posizioni utili rispetto ai posti banditi. Non ci sarà una graduatoria di persone idonee, anche se si andrà a scorrimento in caso di rinunce (ma le graduatorie durano solo un anno). Per l* precari* ci sarà anche una graduatoria particolare che riserva il 30% dei posti banditi, ma non è ancora chiaro come verranno scelti i posti (per esempio, ad agosto 2023, chi ha vinto il recente concorso straordinario-bis, pensato proprio per chi era precari*, si è ritrovat* a scegliere in coda alle altre procedure). Comunque, in caso tutto vada bene, coloro che vincono questo concorso a settembre 2024 avranno un contratto a tempo determinato per un anno scolastico durante il quale dovranno conseguire l’abilitazione all’insegnamento: un corso universitario su materie psico-pedagogiche e metodi di valutazione da 30 CFU al costo (massimo) di 2000 euro. Una volta sostenuta la prova finale (150 euro), a settembre 2025 partirà l’anno di prova.
Riassumendo (alcuni de) gli aspetti critici principali:
1) la prova scritta è sugli stessi argomenti che poi verranno studiati nel corso abilitante da 30 CFU, sarebbe interessante capire il senso di testare delle persone prima che abbiano accesso ai corsi sui medesimi argomenti.
2) Perché l’anno durante l’abilitazione è a tempo determinato? Insomma, il primo regalo che ci fa il concorso è un altro anno di precariato ulteriore.
3) Chi vince il concorso paga un sacco di soldi per tutto il processo di reclutamento e non è detto che tali spese siano affrontabili da chiunque allo stesso modo.
4) Nella tabella di valutazione titoli, un assegno di ricerca vale 12,5 punti, mentre 1 anno di servizio a scuola vale 2 punti. In altre parole, un anno di lavoro nell’università vale più di 6 anni di precariato a scuola. E meno male che questo era il concorso per chi è precario.
Infine, ultimo ma non meno importante, anzi forse uno degli aspetti più penalizzanti per chi già lavora da precari*: l’impossibilità di avere permessi retribuiti per partecipare al concorso. Questo diritto manca, purtroppo, nel contratto nazionale ed è una palese ingiustizia. Basti pensare che, se tutto va bene, chi è precario necessità di almeno 3 permessi non retribuiti per partecipare al concorso (uno per la prova scritta, uno per estrarre la traccia dell’orale, uno per l’orale) – anzi 4 se c’è anche la prova pratica. Il concorso costa a chi è precario almeno 3 o 4 giornate senza stipendio, senza contare poi i giorni aggiuntivi e tutte le spese per gli spostamenti nelle sedi dove si svolgono i concorsi, spesso molto distanti dal proprio luogo di residenza. Detto in altri termini: chi è attualmente dipendente a tempo determinato della scuola pubblica non viene pagato per diversi giorni, proprio dalla scuola pubblica, perché deve andare a fare un concorso che potrebbe permettergli di diventare dipendente a tempo indeterminato della scuola pubblica stessa. Contorto, assurdo, inspiegabile.
Se da una parte la mancanza di logica e stabilità nelle modalità in cui avviene il reclutamento di chi insegna è un capriccio del governo di turno che propone la sua ricetta, d’altra parte la costanza nel ledere i diritti del personale precario della scuola è stupefacente. Ma è comprensibile se si mettono insieme tutti i pezzi di questi anni, in cui chi è precari* ha sistematicamente visto ridotto il valore del proprio servizio svolto presso le istituzioni scolastiche (e la tabella dei titoli del prossimo concorso, come si diceva sopra, ne è una prova ulteriore). Con questo quadro sfavorevole e stressante che si ripete già da molti anni e molti concorsi, noi pretendiamo, come minimo, che nei prossimi mesi le dirigenze scolastiche diano al personale precario della scuola che intende partecipare al concorso la possibilità di usufruire dei giorni di ferie previsti dal contratto nazionale, diritto troppo spesso negato in questi ultimi anni, per via di presunte difficoltà nell’effettuare le sostituzioni. Si tratta di una richiesta di buon senso verso chi già lavora a scuola e aspira a lavorarci ancora, e noi la porteremo avanti assieme a* collegh* precari* presso gli Uffici Scolastici e le segreterie.
COBAS Scuola Bologna
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