Attualità

I COBAS dicono NO alla riforma dei Tecnici e Professionali

Il 7 dicembre il governo, scavalcando l’iter parlamentare, ha emanato un decreto con carattere di urgenza 29 novembre il governo ha avviato in Senato l’iter parlamentare  per la riforma degli Istituti Tecnici e professionali, riforma che è stat a avviata con il DDL 144 del 2022 e che, nel quasi silenzio generale, stravolge ulteriormente il fine Costituzionale della Scuola, ovvero contribuire a rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”(art 3).

Il Governo infatti vorrebbe estendere il modello introdotto nel 2017 con la Riforma dei Professionali a tutto il sistema dell’istruzione tecnica e professionale. Evidentemente gli effetti di quella trasformazione non sono considerati negativi, mentre persino gli ultimi risultati degli Ocse Pisa ne dimostrano il fallimento: complessivamente, negli istituti professionali e nella formazione professionale il 60% di studenti non raggiunge le competenze minime in matematica e in lettura.

Con il DDL 924 nasce la filiera formativa tecnologico professionale, la quale – già dai termini – nulla ha a che vedere con principi educativi e pedagogici che dovrebbero essere alla base di qualunque percorso di istruzione.

Cosa sono?

Sono l’ennesimo tentativo per separare la formazione pensata per il lavoro dall’istruzione tout court, asservendo il Sistema scolastico, ancora una volta, alle aziende. Infatti crea percorsi sperimentali che dovrebbero realizzare gli obiettivi del “Piano nazionale “Industria 4.0”, a cui le Regioni possono aderire in base alle “esigenze specifiche del territorio” ovvero, in base agli interessi dei soggetti privati che ne condizionano le decisioni politiche. Si prevede di istituire reti (chiamate retoricamente campus) costituite da: gli attuali istituti tecnici e istituti professionali statali; la formazione professionale (IeFP); i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS); gli ITS Academy; “altre istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado” (i Licei, se interessati, in particolare il liceo del “Made in Italy”); le Università e le Accademie ed eventuali enti pubblici e privati presenti sul territorio (città metropolitane, comuni, imprese, fondazioni, onlus, istituti bancari ecc.). Inoltre, la sperimentazione prevede l’obbligo di attivare percorsi didattici tenuti direttamente dalle aziende.

Come?

Gli Istituti Tecnici e Professionali avranno durata quadriennale e chi li frequenterà potrà muoversi, “orizzontalmente e verticalmente”, tra tutte le istituzioni del campus. Le 1056 ore del quinto anno verranno spalmate nei quattro precedenti con lezioni che potrebbero essere svolte allungando il calendario scolastico nei mesi estivi oppure prolungando, nel pomeriggio, l’orario settimanale. Queste ore potranno anche essere appaltate agli altri soggetti della rete, con l’utilizzo massiccio degli esperti esterni e sono previsti accordi di partenariato con i privati che prevedono la possibilità di assolvere all’obbligo scolastico tramite degli stage in azienda a partire dai 15 anni. Inoltre, per permettere tutto questo gli/le insegnanti dovranno predisporre percorsi flessibili, personalizzati e certificati attraverso le Unità di Apprendimento (UDA).

Cosa cambia per noi insegnanti?

  • Innanzitutto il nostro orario di lavoro verrà rivoluzionato (art 1 c. 2). La relazione tecnica su questo è chiarissima: la riduzione di un anno nella durata del corso di studi è controbilanciata da: a) un maggiore numero di ore settimanali di lezione da realizzare nel pomeriggio; b) oppure, un maggiore numero annuale di giorni di lezione da fare durante l’estate.
  • La burocrazia aumenta vertiginosamente a causa del sistema delle certificazioni che riguarderà sia tutte le unità di apprendimento (UDA) sia la personalizzazione delle 1056 ore che gli /le studenti dovranno svolgere all’interno dei percorsi offerti dalla filiera tecnologico-professionale.
  • Nonostante il DDL specifichi che questi cambiamenti non andranno a intaccare i posti degli/delle insegnanti di ruolo, possiamo già prevedere che ci sarà un calo drastico dei posti in organico di fatto: che ne sarà di quelle migliaia di precari/e che hanno permesso, ogni anno, il funzionamento della scuola?
  • Il tutto avviene ovviamente senza ulteriore oneri per la finanza pubblica quindi ci pagheranno sempre la stessa miseria.

Possiamo ancora fare qualcosa?

SÌ, DOBBIAMO. Questo decreto (e il Decreto Legge in discussione in Senato) prevede la delibera di adesione da parte dei collegi entro il 30 dicembre  DDL, per ora, prevede – prima di andare a regime – una sperimentazione che deve essere approvata in fretta e furia dal Collegio Docenti. Lo faremo ancora? Accetteremo la degradazione del nostro lavoro e la rovina della scuola pubblica?

DICIAMO NO. FERMIAMO LA SPERIMENTAZIONE ALL’INTERNO DEI NOSTRI COLLEGI DOCENTI E RIPRENDIAMOCI LA DIGNITÀ PROFESSIONALE CHE LA COSTITUZIONE CI HA DATO.

Cobas Scuola Bologna

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