Nella notte tra il 4 e 5 dicembre 2023 nove Licei di Roma vengono occupati contemporaneamente: Righi, Tasso, Mamiani, Virgilio, Manara, Aristofane, Archimede, Morgagni e Vittoria Colonna. Le mobilitazioni delle scuole erano partite nei giorni precedenti con l’occupazione dei Licei Ripetta e Giorgi-Woolf e sono proseguite anche nei giorni successivi con il Liceo Socrate e altri. Le motivazioni (sintesi) che hanno portato alla decisione di occupare le Scuole sono state rese note nei comunicati degli studenti e delle studentesse: una scuola transfemminista, introduzione dell’educazione sessuo-affettiva, incremento degli sportelli d’ascolto per le violenze di genere, introduzione in ogni scuola di una sezione sperimentale senza voti (si diminuirebbe la competitività ed il concetto del merito dando spazio a dibattiti e lavori approfonditi con orizzontalità e maggiore dialogo tra studenti e docenti), spazi autogestiti in cui ognuno possa avere una libera espressione sociale e culturale, sportello d’ascolto disponibile più giorni a settimana in modo da dare la possibilità di frequentarlo a tutta la comunità scolastica, più fondi statali destinati all’istruzione e all’edilizia scolastica (edifici piuttosto fatiscenti con grave rischio di incolumità per la comunità scolastica), centralità della pubblica istruzione, abolizione dei PCTO (alternanza scuola-lavoro), opposizione alla riforma degli istituti tecnici e professionali, un ingranaggio per generare profitto a discapito dell’istruzione e a vantaggio del PCTO (lo stesso che ha portato alla morte di tre ragazzi e che abitua allo sfruttamento sul posto di lavoro), unità e confronto con le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici privi/e dei diritti e licenziati/e e con quelle delle donne per i servizi territoriali (consultori).
Le occupazioni sono state condivise dalla maggioranza delle studentesse e degli studenti con una partecipazione costante e attiva. Centinaia di ragazze e ragazzi hanno vissuto con la consapevolezza e la convinzione di fare la cosa giusta. Le occupazioni sono state animate da molteplici corsi tenuti dalle studentesse e dagli studenti oltre che da numerosi ospiti esterni che hanno creato momenti di formazione orizzontali. Tutto ciò ha contribuito a creare “una didattica alternativa a quella nozionistica proposta nella quotidianità scolastica”.
Al Liceo Virgilio i ragazzi e le ragazze volevano creare un “movimento” che potesse unire le diverse componenti della comunità scolastica in una lotta comune, ma i diversi comunicati ricevuti li/e hanno disillusi/e. Alcuni hanno vissuto come un silenzio punitivo quello dei/lle docenti che, alla ripresa delle lezioni, non hanno fatto cenno né all’occupazione, né alle richieste. Al Liceo Manara alcuni docenti hanno convocato un “presidio” contro l’occupazione, con scarsa adesione. Al Liceo Socrate durante l’occupazione è stato mantenuto un fruttuoso dialogo con i docenti, che pur non condividendo le modalità di lotta, hanno discusso le istanze e compreso le richieste. Al Liceo Mamiani i docenti sono stati più volte invitati alle assemblee per avviare una discussione sui temi dell’occupazione, con scarsi risultati. La risposta alla richiesta delle studentesse e degli studenti di apertura a un dialogo permanente con i soggetti istituzionali competenti è stata, nella maggior parte dei casi, univoca: minacce di denunce alle forze dell’ordine e provvedimenti disciplinari.
I provvedimenti di cui siamo a conoscenza nelle diverse Scuole vanno dal cinque in condotta ai giorni di sospensione, fino a 15, (pubblicamente apprezzati dai ministri Valditara e Salvini) con obbligo di frequenza e lavori all’interno della scuola, dal divieto di usufruire di spazi scolastici per le assemblee alle revoche dei viaggi di istruzione. Citazione a parte merita il Liceo Montale: il Dirigente Scolastico, al fine di evitare l’occupazione della Scuola, ha assunto una “decisione a contrarre” con un istituto di vigilanza privata. I fondi per retribuire tale servizio sono quelli dedicati al funzionamento amministrativo. La cosiddetta funzione educativa della punizione che si concretizza con la repressione ha il solo scopo di innescare paure ad esprimere le proprie opinioni, a far sì che ciò che è accaduto non accada più. Ma gli studenti e le studentesse comunicano che continueranno il percorso di lotta con l’energia e la partecipazione che queste occupazioni ci hanno dato e che attueranno tutte le forme di solidarietà con tutti quelli/e colpiti/e da provvedimenti disciplinari.
All’indomani della pandemia la società si interrogava sugli esiti che questa aveva comportato nelle studentesse e negli studenti: demotivazione, disagio, isolamento, fragilità ed episodi di autodistruttività a cui bisognava dare una risposta. La stessa società, ieri tanto preoccupata, oggi reprime studentesse e studenti che dimostrano di voler essere parte del dibattito politico, sociale e culturale del Paese rivendicando i propri diritti attraverso una ricerca di confronto concretizzatasi con le occupazioni. Vale la pena di ricordare che il significato etimologico della parola “educazione” (educere, cioè «tirar fuori ciò che è dentro») è in completa antitesi con quello della parola “reprimere” (re e premĕre, cioè «premere, comprimere, trattenere». La scuola è il luogo della formazione dei futuri cittadini consapevoli e responsabili, nonché di sviluppo del pensiero critico che studenti e studentesse hanno esercitato durante le occupazioni. Malgrado i diversi fatti sembrano dimostrare il contrario, molte/i docenti stanno dalla loro parte.
Domenico Montuori COBAS Scuola Roma
Pubbliredazionale