Politica scolastica

I COBAS segnalano come il governo prosegua con i tagli delle scuole

Il 24 maggio il governo ha presentato alla Conferenza unificata lo schema di decreto che pianifica i tagli delle scuole regione per regione nel triennio 2024-27. L’accordo non è stato raggiunto per il voto contrario di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna, Toscana, Trento, Bolzano, Anci e Upi. Come previsto dalla Finanziaria, il governo ha emanato il decreto interministeriale, al momento al vaglio degli organismi competenti. Contro il piano è stato presentato da alcune regioni un ricorso per legittimità costituzionale che sarà discusso il 21 novembre 2023. Ma nel frattempo il piano va avanti.

Il decreto del governo stabilisce che sono destinate ad essere tagliate le scuole che nel triennio non raggiungeranno questi numeri:

2024/2025: 961 alunni

2025/2026: 949 alunni 

2026/2027: 938 alunni

Il numero totale delle autonomie scolastiche nel triennio sarà il seguente:

2024/2025: 7.461

2025/2026: 7.401

2026/2027: 7.309

Per avere un riferimento, nell’anno scolastico 2022-23 c’erano 8.007 scuole e nell’a.s. 2023-24 sono 7.960: il calo di 47 scuole è dovuto ai piani di dimensionamento regionali basati sui precedenti parametri. Da settembre 2024 invece entrano in vigore i nuovi parametri e in un anno solo saranno tagliate 475 scuole e 651 nel triennio, l’8,1% di tutte le scuole!! Il meccanismo è semplice: il governo stabilisce il numero di scuole che potrà essere attivato in ogni regione; sta poi alle regioni decidere dove andare a tagliare. Ma il taglio non sarà omogeneo, alcune regioni saranno colpite più di altre, e il governo si prepara a tagliare proprio nelle regioni più povere: in Campania, in Sicilia, e in Calabria, in Puglia e in Sardegna! In Sardegna la situazione è aggravata anche dalla scarsa densità abitativa, con piccoli comuni su un territorio ampio, dove già adesso gli istituti scolastici mettono insieme plessi distanti molti chilometri e con una viabilità precaria. Ma i tagli saranno pesanti ovunque. Particolarmente colpite le regioni dove è più difficile trovare lavoro e dove quindi la bassa natalità deriva dal numero consistente di famiglie che vanno a vivere in altre regioni e dalla bassa presenza di famiglie immigrate. È il caso della Basilicata, ma anche del Molise e dell’Abruzzo. Va inoltre rapportato il numero di scuole da tagliare al numero complessivo di scuole della regione, perché è ovvio che non è la stessa cosa tagliare 13 scuole in Toscana o 13 scuole in Liguria! Da segnalare anche la situazione del Friuli Venezia Giulia dove, nonostante il territorio montano e la presenza di minoranze linguistiche tutelate da accordi internazionali, è comunque prevista nel triennio la riduzione di 14 scuole in lingua italiana e una scuola in lingua slovena. Il ministro Valditara ha usato parole di fuoco contro la regione Campania (Tecnica della scuola 26-6-23) “rea” di non avere tagliato abbastanza negli anni precedenti e adesso colpita dal taglio di 139 scuole. Qualcuno lo avrà ricordato alla premier Meloni, prima di andare a Caivano a promettere più scuola e più docenti? Ma anche nelle regioni “virtuose” secondo l’ottica miope del ministro, dove i tagli colpiranno il 5% delle scuole o meno, come Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto e Lazio, non sarà un’operazione indolore perché sono territori già depauperati da anni di tagli, smembramenti e accorpamenti. Valditara ha anche sostenuto, rispondendo ad una interrogazione parlamentare a giugno, che il governo attuale non ha alcuna responsabilità in questi tagli perché sono stati decisi dal precedente governo Draghi e imposti dalla Commissione Europea. Niente di più falso, perché il PNRR su questo punto prevede solo una formulazione molto generica (“come parametro efficace per individuare i plessi accorpati ad altri istituti dovrà essere adottata la popolazione scolastica regionale, anziché la popolazione del singolo istituto”) mentre l’elaborazione dei criteri generali adottati nell’ultima Finanziaria e la loro diretta attuazione nel decreto interministeriale è responsabilità esclusiva di questo governo, che avrebbe potuto scegliere di risolvere il problema delle reggenze nominando i dirigenti scolastici, ed ha invece preferito tagliare le scuole in reggenza. Il governo avrebbe dovuto affrontare il calo demografico riducendo il numero di alunni per classe, con particolare attenzione alle situazioni di disagio sociale e alle aree dove è più alto l’abbandono scolastico: ha preferito tagliare le scuole e accorpare i plessi in mega-istituti scolastici di difficile gestione con un piano decennale che prevede a regime la riduzione delle istituzioni scolastiche da 8007 a 6886. Priva di significato anche l’affermazione che “nessun plesso verrà tagliato”, più volte ribadito dal ministro e dai funzionari ministeriali. La sopravvivenza dei plessi è legata al numero minimo di alunni per formare una classe. Senza rivedere questo parametro (che è anacronistico per la situazione demografica attuale dell’Italia) i piccoli plessi sono destinati a sparire. È più che mai necessario attivare la mobilitazione di tutto il mondo della scuola per fermare questo piano.

REGIONE
A.S. 2023/24
A.S. 2023/24*
A.S. 2024/25A.S. 2025/26A.S. 2026/27DIFF 2023/27
ABRUZZO187184179179177-10
BASILICATA108109848382-26
CALABRIA355338281279276-79
CAMPANIA959941839832820-139
EMILIA R.521529519517513-8
FRIULI V. G.163166155151148-15
LAZIO712708685679669-43
LIGURIA180183170169167-13
LOMBARDIA11151126111511081096-19
MARCHE224216210208204-20
MOLISE5052494544-6
PIEMONTE527538520516510-17
PUGLIA620616569565557-63
SARDEGNA265268228225220-45
SICILIA792790710705700-92
TOSCANA459456455452446-13
UMBRIA138134133132130-8
VENETO585582560556550-35
ITALIA79607936746174017309-651
Valori %




8,1%
*scuole normodimensionate a.s. 2023/24


Silvana Vacirca Esecutivo Nazionale COBAS Scuola

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