
Uno dei principali problemi dei test INVALSI risiede nell’affermazione che essi misurano le competenze delle/gli studentesse/i. Malgrado l’INVALSI dichiari che le sue prove valutano l’apprendimento di alcune competenze fondamentali, indispensabili sia per l’apprendimento scolastico che per la vita quotidiana, per la cittadinanza o nel contesto lavorativo, è importante notare che queste prove standardizzate si concentrano principalmente su conoscenze e abilità specifiche. Sebbene il rapporto tra conoscenze, abilità e competenze sia ancora oggi oggetto di dibattito pedagogico, è fondamentale chiarire cosa si intenda per competenza. Seguendo la definizione dell’EQF (2006), recepita dalla legislazione scolastica italiana, la competenza è “la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e risorse personali, sociali e metodologiche in contesti di lavoro, studio e crescita professionale o personale; le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. In altre parole, possedere una competenza significa saper applicare in modo efficace le proprie conoscenze e abilità in situazioni nuove e complesse, agendo con autonomia, responsabilità, creatività e consapevolezza personale.
I/le insegnanti, che hanno il compito di valutare le competenze degli studenti, seguono le Linee guida per la certificazione delle competenze nel primo ciclo, pubblicate dopo il DM 742/2017, le quali sottolineano che “le prove utilizzate per la valutazione degli apprendimenti non sono affatto adatte per la valutazione delle competenze”. Per accertare le competenze, infatti, è necessario utilizzare strumenti specifici come compiti di realtà (prove autentiche ed esperte), osservazioni sistematiche e autobiografie cognitive. Il Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione (DPR 80/2013) stabilisce che “le istituzioni scolastiche sono soggette a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti, predisposte e organizzate dall’Invalsi”. Pertanto, l’INVALSI ha il compito di misurare le competenze, come confermato anche nella guida per i genitori pubblicata sul sito ufficiale INVALSI Open. La valutazione delle competenze segue, quindi, due approcci diversi. A scuola, le competenze vengono valutate attraverso strumenti, quali i compiti autentici, integrati in percorsi didattici prolungati nel tempo e finalizzati a un apprendimento significativo. Con l’INVALSI, le competenze vengono misurate attraverso test standardizzati e decontestualizzati, che non riescono a cogliere la complessità delle competenze acquisite dagli studenti.
I COBAS, oltre a evidenziare che le prove INVALSI, essendo costituite da test, non possono prendere in esame aspetti fondamentali del processo di insegnamento-apprendimento, come ad esempio lo sviluppo del pensiero critico e del pensiero divergente, sottolineano che valutare l’acquisizione di competenze tramite test contraddice il concetto stesso di competenza. A ciò si aggiungono l’inadeguatezza e la grande discutibilità, anche dal punto di vista strutturale, dei test. Un esempio emblematico è quello della competenza nella comprensione del testo di cui vengono elencate le operazioni cognitive richieste nel “Quadro di riferimento delle prove Invalsi di Italiano”: ricostruire il significato a livello locale o globale, fare inferenze semplici o complesse, riflettere sul contenuto o sulla forma, e valutare la validità e l’efficacia comunicativa del testo in relazione al destinatario e al contesto. Si tratta di processi che non possono essere valutati tramite quesiti a risposta chiusa (dove si sceglie una risposta tra opzioni predeterminate) o a risposta aperta univoca (con una sola risposta corretta), ma che richiedono quesiti a risposta aperta complessa. Questi ultimi implicano una risposta articolata, che richiede ragionamento, analisi e sviluppo di un argomento. La risposta non è predefinita e può includere opinioni, spiegazioni, esempi o giustificazioni, permettendo alle/gli alunne/i di esprimere un pensiero approfondito e personale su un tema specifico. Tali quesiti valutano la capacità di sintesi, critica e comprensione in modo più completo, cosa che non possono fare domande con risposte chiuse o univoche.
Correggere i quesiti a risposta “aperta complessa” risulterebbe troppo costoso. Le prove INVALSI hanno carattere censuario, ovvero sono somministrate a tutta la popolazione studentesca delle classi coinvolte. Ciò deriva dalla Direttiva 74, introdotta nel 2008 dalla ministra Gelmini, che stabilisce la rilevazione degli apprendimenti in ingresso e in uscita dai diversi livelli scolastici per valutare il valore aggiunto delle scuole. Questo “effetto scuola” misura quanto un’istituzione scolastica sia riuscita a far apprendere ai propri alunni rispetto alla media di studenti con caratteristiche simili all’inizio del percorso. Per questo motivo, le prove non possono essere somministrate a campione. Ma anche se lo fossero, i costi di correzione resterebbero comunque troppo elevati. In conclusione, la scuola continua a somministrare test standardizzati che, dal 2004 a oggi, hanno comportato una spesa di circa 400 milioni di euro per lo Stato, senza portare miglioramenti concreti. Questi test restituiscono sempre la stessa immagine: un sistema scolastico che fatica a garantire un’istruzione equa per tutte e tutti, con persistenti divari e disuguaglianze territoriali, socio-culturali, di genere e di origine.
Bruna Sferra Esecutivo di Roma e Provincia dei COBAS Scuola
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