
Cosa sta accadendo in questi giorni negli uffici del Ministero dell’istruzione e dello (scarso) merito dove, a chiusura delle iscrizioni e dati alla mano, ci si rende conto che il liceo del Made in Italy, così tanto voluto dal trio Meloni-Urso-Valditara, non solo non riesce a prendere il volo ma sembra bloccato senza carburante sulla pista di decollo? In parole povere stanno provando a far passare l’ennesimo flop dell’italico liceo per un successo. E così, attraverso un comunicato stampa e un’intervista al ministro Valditara su telemeloni, si straparla di crescita e incremento delle iscrizioni a questo liceo, citando un aumento del 10% degli iscritti rispetto allo scorso anno, evitando però di indicare il numero assoluto di studenti in più. Ci si ferma infatti alla percentuale di crescita, che, come ogni dato statistico, è un modello che può dire qualcosa ma non dice tutto, soprattutto se preso da solo e decontestualizzato. Se il ministro Valditara utilizzasse a suo e ad altrui favore il pensiero critico, così negletto nella scuola italiana tutta presa dalle competenze e dalla transizione digitale, si scoprirebbe che il re è nudo, rivelando in un attimo la bufala della decantata crescita di questo liceo. Il 10% in più, rispetto ai circa 500 studenti iscritti nello scorso anno scolastico, risulta essere una cifra a dir poco ridicola: 50 studenti. Questo è il tanto sbandierato aumento del 10%. Tanto che, se andiamo a vedere le percentuali degli iscritti ai diversi indirizzi liceali (dati del Ministero) il liceo, che doveva promuovere un presunto brand italiano, risulta essere il fanalino di coda, essendo stato scelto dallo 0,09% degli studenti. Ma, siccome vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare, rispetto allo scorso anno c’è stato un aumento di ben 0,01%.
Cosa possono insegnarci queste impietose cifre? Innanzitutto che le famiglie hanno pressoché ignorato il disperato appello del Governo a scegliere questo improvvisato modello di liceo, nato per un velleitario quanto anacronistico spirito propagandistico. Non bastano i proclami per avviare un nuovo modello liceale che richiede invece tempo, riflessione e confronto sui contenuti culturali. Ma poi ci vogliono investimenti: una riforma a costo zero, come quella del liceo del made in Italy, fatta pure a spese di un altro indirizzo liceale oramai consolidato nel panorama scolastico italiano, ha rivelato tutta la sua fragilità. Ma una seconda lezione il Governo, sordo a qualsiasi forma di critica, dovrebbe imparare da questi numeri: che una parte importante della scuola italiana ha sonoramente bocciato questo raffazzonato liceo, riuscendo a dimostrarne tutta la sua inconsistenza culturale e la sua impostazione ideologica, nonostante le pressioni del Ministero e delle sue strutture periferiche affinché i collegi dei docenti attivassero questo indirizzo e nonostante la possibilità data dalla maggioranza di formare classi in deroga al numero minimo di alunni per classe previsto invece per gli altri indirizzi. Un ulteriore affronto questo, fatto alla scuola italiana che da anni chiede inascoltata, in particolare dopo la pandemia, di affrontare il problema delle classi pollaio che condiziona pesantemente il processo di insegnamento-apprendimento e mette a rischio la salute e la sicurezza di studenti e docenti.
Infine quel 10% sbandierato ci dice molto sul livello della politica scolastica di questo Ministero che invece di affrontare i problemi strutturali della scuola pubblica italiana (il precariato e le mancate assunzioni, la situazione indecente in cui versa la maggioranza degli edifici scolastici, le retribuzioni delle/dei docenti tra le più basse a livello europeo, la burocrazia e la selva di progetti che parcellizzano e sviliscono la funzione docente, e potremmo continuare con un lungo elenco) preferisce gli annunci o le psuedoriforme che ricadono sempre sulle spalle di chi a scuola porta avanti il proprio lavoro con fatica e sempre più spesso con scarsa considerazione sociale. È difficile immaginare se e come si chiuderà la patetica quanto inutile vicenda del liceo del Made in Italy. Quello che abbiamo imparato da questa esperienza è che quando le e i docenti riescono ad alzare la testa e ad affermare la propria dignità professionale e culturale possono diventare protagonisti del proprio lavoro e rispedire al mittente proposte che poco hanno a che fare con il mondo della scuola.
Davide Zotti Esecutivo nazionale COBAS Scuola
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