“ I Professori sono invitati a programmare per tempo i compiti in classe, in modo che essi possano risultare opportunamente intervallati. E’ bene preannunciarli agli alunni ed è obbligatorio annotarli sul Diario di Classe con un congruo anticipo di giorni. In una stessa settimana, nella stessa classe, di norma , non si possono fare più di tre compiti, né si può far eseguire nella stessa giornata più di un compito nella stessa classe. La loro correzione deve essere tempestiva, chiara ed accompagnata da un breve giudizio che dia la motivazione del voto numerico assegnato. I compiti, consegnati agli alunni per farne oggetto di visione saranno restituiti al docente interessato e saranno riposti a scuola entro breve termine (di norma non oltre il 15° giorno della loro effettuazione) previa annotazione dei loro dati di riferimento, nell’apposito registro.
Ogni compito svolto sarà notificato alle famiglie, nella forma più opportuna, per un puntuale riscontro dell’avvenuta notifica, specie nel caso degli studenti minorenni, da parte del genitore o chi ne fa le veci “. Si ricorda a tal proposito un articolo de La Repubblica pubblicato nel 1986 dal titolo “ guerra dei compiti in classe condannato un professore “. In questo articolo si diceva: “I compiti in classe vanno restituiti al Dirigente scolastico. Neppure dopo il voto, il professore può chiuderli a chiave in un cassetto, o riportarseli a casa. Neppure dopo averne discusso con gli studenti, trascrivendo, poi, il giudizio sul registro.
Anche se nessuna legge lo prescrive, l’ obbligo alla consegna degli elaborati è stato sancito da un pretore penale, che ha condannato un professore d’ inglese all’ interdizione per un anno dai pubblici uffici (con la sospensione condizionale) e a una multa di 200 mila lire. L’ insegnante di un’ istituto tecnico era stato denunciato per rifiuto di atti d’ ufficio, ovvero per aver negato al preside il pacchetto dei compiti in classe, regolarmente corretti e valutati, degli studenti. Una disobbedienza che alla fine del secondo quadrimestre, fece saltare un paio di volte scrutini e ammissioni alla maturità. E provocò il ricorso alle autorità giudiziarie da parte del provveditore “.