Grazie ai circuiti fotonici in diamante, i computer del futuro avranno capacità elaborative notevolmente più alte rispetto alle attuali.
Ne è convinto un gruppo di ricerca internazionale, guidato congiuntamente dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifn-Cnr) di Milano e di Trento e dal Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano che ha compiuto un grande passo avanti verso la creazione del primo prototipo di computer quantistico.
Il progetto prevede la dimostrazione della fattibilità delle guide d’onda dei circuiti fotonici all’interno di una piattaforma in diamante che consentirà la realizzazione di futuribili computer quantistici dalle potenzialità di calcolo elevatissime in grado di risolvere problemi dall’elevata complessità di calcolo come ad esempio le previsioni dei cambiamenti climatici o le variazioni del mercato azionario, cosi come molte applicazioni si potrebbero avere nel campo della sensoristica.
L’importanza dello studio come spiega la direttrice dell’Ifn-Cnr Roberta Ramponi “consiste nell’aver realizzato il primo prototipo di circuito quantistico integrato in diamante, I circuiti fotonici sono l’equivalente ottico dei circuiti elettrici: al posto degli elettroni del semiconduttore del chip, ad essere trasportati lungo i percorsi ottici sono i fotoni, i quanti di luce.”
Gli impulsi laser riescono in sostanza a creare dei percorsi nel diamante creando dei veri e propri circuiti. I diamanti sono materiali con reticoli che presentano dei “difetti” come le cosiddette ‘nitrogen vacancy’ (Nv) nelle quali, al posto di due atomi di carbonio adiacenti, si trova un atomo di azoto accanto ad un posto libero nel reticolo.
“Questi sono casualmente distribuiti nel volume del diamante (uno ogni miliardo di atomi di carbonio), ed hanno proprietà speciali in quanto lo spin dell’elettrone che orbita intorno ai difetti può essere sfruttato come bit quantistico con la possibilità di assumere contemporaneamente il valore di 0 e 1 e quindi aumentare esponenzialmente la velocità di calcolo rispetto agli attuali computer con i bit normali rappresentati dagli elettroni” conclude la direttrice.
Atomi parlanti quindi, capaci di scambiarsi informazioni a distanza.
Al momento questi atomi (chiamati atomi di Rydberg) sono come bambini che stanno imparando a parlare e che usano quindi solo poche parole. I ricercatori vogliono ‘addestrarli’ per insegnare loro un linguaggio matematico.Ma perché possano essere usati in un computer quantistico, questi atomi non devono solo sapersi scambiare informazioni, ma essere in grado di parlare un linguaggio più complesso e programmabile.
Far cambiare le proprietà intime degli atomi in modo che imparino a parlare come vogliamo noi è la sfida dei fisici dei prossimi anni.
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