In questi giorni, in tutte le istituzioni scolastiche italiane, si stanno svolgendo le elezioni dei rappresentanti dei genitori in seno ai Consigli di Classe.
Si tratta, per la verità, di un appuntamento annuale importante per i rapporti tra scuola e famiglia.
Le votazioni vengono generalmente precedute da una assemblea dei genitori con i docenti oppure con il coordinatore e costituiscono un momento essenziale della vita scolastica.
Spesso questo appuntamento viene snobbato dai genitori, i quali non si presentano all’assemblea e alle relative votazioni e per giunta si rifiutano di candidarsi per essere eletti rappresentanti dei Consigli di Classe. Questo perché i genitori hanno una scarsa percezione del mondo della scuola e la considerano l’ultima dei loro “pensieri”.
Non si interessano della vita della scuola: basta che i loro figli siano al sicuro, non accads loro nulla di grave e i docenti mettano voti ragguardevoli.
Il resto non esiste. Dalla scarsa sensibilità della famiglia verso la scuola, scaturisce il malessere degli alunni all’interno delle classi.
La partecipazione attiva dei genitori costituisce una delle forme democratiche di convivenza civile, ma se non si impartiscono le regole elementari della buona convivenza, come si può pretendere di instaurare un clima positivo tra la scuola e la famiglia?
Cosa possono fare di più i docenti, se non invogliare genitori e alunni ad una partecipazione attiva alla vita scolastica?
I genitori protestano e si “precipitano” a scuola soltanto quando il rendimento scolastico del proprio figlio è preoccupante o quando ha combinato qualcosa di serio. Il resto, per i genitori, è tutta ordinaria amministrazione e non si preoccupano affatto della scuola.
La rappresentanza nei Consigli di Classe, tuttavia, da parte dei genitori, non deve essere una presenza passiva ma attiva ed è una delle forme democratiche più vive ed efficaci della vita della scuola. Se viene a mancare questo anello di congiunzione, allora la scuola resta una istituzione fine a se stessa.
Mario Bocola
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