Per una migliore comprensione della scuola italiana ci vogliono i testi Invalsi.
Lo sostiene LaVoce.info in un editoriale
“I dati Invalsi, così come i dati Pisa (Programme for International Student Assessment), e la loro disponibilità per un arco temporale più che decennale, hanno permesso di avere un quadro ricco di molti particolari del nostro sistema scolastico e di seguirne l’evoluzione nel tempo”.
Inoltre, grazie a loro abbiamo saputo “che gli studenti nel Mezzogiorno conseguono risultati peggiori rispetto agli studenti che vivono nelle regioni del Nord e non riescono a raggiungere nemmeno il livello di competenze minime necessarie per esercitare i normali diritti di cittadinanza”.
Grazie ancora alle analisi svolte sui dati Invalsi, si è capito che sono fortemente influenzati dalla provenienza socio-economica e che “l’impatto esercitato dalle condizioni di origine anziché ridursi tende ad ampliarsi nel corso della carriera scolastica”, mentre il sistema non aiuta chi parte da condizioni svantaggiate.
Ma i test Pisa e Invalsi -scrive sempre La Voce.info- ci hanno rivelato una scuola diseguale anche per genere, mostrando che il divario compare già dalla seconda elementare (primo anno per cui si dispone dei dati Invalsi) e che tende crescere con l’età, in particolare dalla seconda alla quinta elementare e poi di nuovo alle scuole superiori.
Tuttavia ci si chiede come mai “l’opinione pubblica di fronte a diseguaglianze così forti non reagisca con il dovuto vigore, perché non costringa la classe politica a intraprendere azioni che vadano nella direzione di colmarli. Cos’è che rende invisibili o sopportabili queste ingiustizie?”
“Molte sono le questioni che hanno spostato la nostra attenzione su altri problemi, dalla stabilizzazione di oltre 100 mila insegnanti attuata con la Buona scuola all’accorciamento sperimentale di un anno della scuola secondaria di secondo grado, dalla valorizzazione del merito degli insegnanti ai concorsi per l’assunzione dei dirigenti scolastici. Ma la misurazione delle competenze degli studenti ci riporta implacabilmente all’esistenza di divari che non dovrebbero esserci”.
Con la regionalizzazione, “il problema risulterebbe definitivamente risolto” perché ciascuna regione nella propria autonomia potrebbe definire obiettivi formativi e modalità di misurazione localmente validi, ma per costruzione non comparabili. Un danno non minore si produrrebbe se i test Invalsi cessassero di essere rilevati in modalità censuaria”.
In conclusione “itest Invalsi sono stati utilizzati non solo per dare un quadro del nostro sistema di istruzione, ma anche per cercare di capire quali strumenti siano più efficaci per migliorare le competenze dei nostri studenti. Vi sono studi che hanno indagato l’effetto di diversi input scolastici, ad esempio il numero di studenti per classe, la lunghezza dell’orario scolastico, la qualità dei dirigenti scolastici, l’esistenza di attrezzature informatiche, la formazione degli insegnanti, l’introduzione di borse di studio e così via. La politica non ha fatto grande uso dei risultati, come non si è data troppo da fare per intervenire laddove gli andamenti scolastici si rivelavano particolarmente deludenti”.
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