Categorie: Personale

I dipendenti pubblici sono pochi, vecchi, malpagati e sfiduciati: in 9 anni persi 100mila docenti

Gli impiegati pubblici sono sempre meno, vecchi, sfiduciati, maldistribuiti e costano poco alle casse dello Stato.

Basta dire che gli statali della PA del Belpaese costano 7 miliardi in meno dell’anno scorso, 120 miliardi meno che in Francia e 75 miliardi meno che nel Regno Unito. In confronto con i colleghi “travet” francesi e britannici, è stato presentato il 24 maggio nel corso della prima giornata della ventisettesima edizione del Forum, in corso al Palazzo dei Congressi di Roma.

Dall’indagine – che si concentra sui cambiamenti avvenuti nei tre Paesi negli ultimi nove anni – è emerso che nella scuola si sono persi circa centomila dipendenti dal 2007 a oggi. Mentre nelle regioni e negli enti locali, gli impiegati si sono ridotti di oltre 43mila unità. Sono cresciuti invece di oltre 23mila unità quelli delle regioni a Statuto speciale.

Inoltre, sono numerosi gli ambiti indagati dalla ricerca, che evidenzia diverse problematicità in Italia. Tra queste, l’invecchiamento degli impiegati, che (complice la stretta avuto con la riforma Fornero, per la quale ora il Governo cerca di riparare ma a spese dei pensionandi) sfiorano i 50 anni di età media e non vedono entrare giovani: quelli con meno di 35 anni erano il 10,3 % nel 2011 e ora sono l`8%, contro il 25% del Regno Unito e il 27% della Francia. In più, gli impiegati sotto i 25 anni, ossia assunti direttamente dall`Università, sono praticamente assenti (0,9% e quasi tutti nelle carriere militari).

Dall’indagine è emersa in modo chiaro, inoltre, la riduzione delle spese per gli stipendi dei nostri dipendenti pubblici, che sono infatti diminuiti dai 171,6 miliardi del 2009 a 164,26 miliardi nel 2015. Mentre, nello stesso periodo, sono cresciuti in Francia (da 254,1 a 281,7 miliardi) e nel Regno Unito (da 186,7 a 238,82); la media dei Paesi UE è passata da 115,3 miliardi nel 2009 a 130 miliardi nel 2015.

 

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L’aspetto però ancora più grave, in prospettiva, è che la tenuta del rapporto tra costo del personale pubblico e PIL, che si è ridotto dal 10,9% nel 2007 al 10,6% nel 2015, non è stato pagato da una profonda riorganizzazione della macchina pubblica, come è invece avvenuto, per esempio, nel Regno Unito.

I dipendenti pubblici italiani non sono quindi troppi: sono il 14,7% rispetto al totale degli occupati italiani (erano il 15,1% nel 2007) e sono in numero minore sul totale degli occupati se raffrontati agli altri Paesi (Francia 21,9%, UK 17,7%).

I nostri “statali” sono però mal distribuiti: si passa dai 95 impiegati pubblici per 1.000 abitanti in Valle d`Aosta ai 41 in Lombardia; inoltre calano dove il numero era già basso (in Campania, -13% dal 2007 al 2014) e crescono dove erano già molto sopra la media (+10% in Trentino, dove erano già oltre 76 per 1000 abitanti).
Se risulta in caduta libera il lavoro flessibile, lo stesso purtroppo non si può dire per i lavoratori a tempo determinato, che sono ancora circa il 10%. Il lavoro flessibile conta circa 300mila persone, di cui 150mila nella scuola (in via di stabilizzazione, con i provvedimenti de “La buona scuola”), quasi 43mila nelle regioni e negli enti locali, oltre 32mila in sanità.

In controtendenza è la crescita per la “Spesa per incarichi libero professionali di studio, ricerca e consulenza”: è aumentata di circa il 21% dal 2007.

Insoddisfacenti si sono rivelate sino ad ora (ma i numeri consolidati si fermano al 2014) le politiche di mobilità: in tutto, gli spostamenti nel 2014 sono stati 27.421, cioè meno dell’uno per mille.
Era inevitabile, a fronte di questi dati, l’aumento del tasso di sfiducia degli italiani nell`ultimo periodo: l`Eurobarometro evidenzia una fiducia del 19% verso amministrazioni locali e regionali, contro il 63% della Germania e il 45% della Francia, ed è addirittura al 16% nei confronti del Governo, seguita solo dal 13% della Spagna.

 

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Alessandro Giuliani

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