La ministra dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, quando la notizia che nella scuola privata di Nola si vendevano diplomi ragazzi, ma anche, a quanto sembra, a personaggi dello spettacolo e dello sport, provenienti da tutta Italia, ha definito il fenomeno un “evento inaccettabile”, annunciando che “sono da rivedere le norme che autorizzano le scuole paritarie”
Ma anche l’Usr, che avrebbe dovuto vigilare meglio e accorgersi dei presunti imbrogli, ha annunciato “approfondite verifiche”, propositi che si assommano agli altri annunci pronunciati, a suo tempo, dalla ex ministra Mariastella Gelmini che parlò di “malcostume inaccettabile” con la promessa che “da oggi sarà tolleranza zero”. E invece sono passati anni e siamo punto e d’accapo, mentre tanti studenti soffrono nella gran parte delle scuole italiane per recuperare almeno un 60/100.
Difficile dunque estirpare il bubbone, vista la frequenza e la periodicità dei casi, senza scordare tuttavia che per una scuola “allegra” che si scopre quante altre continuano i loro foschi traffici? E quanti diplomati, che magari oggi coprono uffici e ruoli importanti, hanno raggiunto il titolo pagando somme di denaro? E infatti il procuratore che sta indagando sulla losca vicenda ha detto: “Temo che di simili orrori ce ne siano ancora molti in Italia”. Ma se lo dice un procuratore, dalle parti del Miur non sembra che una indagine conoscitiva e approfondita su questo squallido versante venga fatta e a quanti altri casi si dovranno ancora scoprire e denunciare?
Sembra fra l’altro che in provincia di Caserta, che come è noto è area ad alta densità camorrista, risultano attive circa 400 scuole paritarie e solo 217 statali, con una inversione di tendenza sbalorditiva rispetto al resto del Paese dove le scuole statali sono oltre il 75%.
La Camera del lavoro locale dice infatti: “Si tratta di un boom inquietante, legato a un’imprenditoria che, pur non risultando, in generale, camorrista, usa metodi simili a quelli della criminalità organizzata”, mentre “stipendi di miseria, da 250-300 euro al mese, sono dati agli insegnanti precari, ma facendo figurare talvolta anche false buste paga da 800-900 euro al mese”. “E ancora”, dicono sempre alla Camera del lavoro ”niente orari né ferie. In cambio, c’è la garanzia della concessione dei 12 punti che ogni anno ai precari servono per accedere ai concorsi statali”. Ma c’è anche di più: in alcune scuole paritarie sono addirittura gli insegnanti a pagare il gestore per potere insegnare e fare punteggio, con una inversione di ruolo che è raccapricciante; e in altre il lavoro è fatto a titolo gratuito e solo per quei punti tanto importanti per scavalcare magari qualche collega e avanzare di una manciata di posti in graduatoria.
Un sindacalista Cgil di Aversa avverte: “Sui docenti delle scuole paritarie si scarica ogni sorta di ricatti”; e altre fonti dicono pure che i professori, oltre a insegnare, “sono costretti spesso a lavare i pavimenti, a fare da bidelli, a ubbidire a ogni sorta di comando”
“So di colleghe mandate perfino a fare la spesa per conto delle direttrici”, sottolinea una insegnante precaria, mentre ribellarsi o protestare non serve a nulla perché i gestori della scuole private trovano all’istante altri cento supplenti precari pronti a prendere quel posto. Una concorrenza fra disperati che dovrebbe far scattare tutte le possibili azioni legali, sindacali e politiche per garantire la dignità del lavoro e della persona. Ma ciò che appare strano è però la latitanza degli organismi preposti al controllo, quelli che, quando il ministro Luigi Berlinguer promosse le scuole private, riconoscendone il ruolo nel panorama dell’istruzione italiana, mise come elemento qualificante. E invece aspettiamo un altro scandalo in coincidenza con il prossimo esame di stato
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