A fronte di una gamma di sanzioni di gravità diverse, dall’ammonimento orale o scritto alla sospensione, fino ad arrivare al licenziamento, il dirigente scolastico, responsabile di struttura, è competente all’irrogazione diretta soltanto delle sanzioni disciplinari meno gravi.
Nel caso, invece, di infrazioni punibili mediante la sospensione con un massimo edittale “fino a un mese”, il medesimo deve trasmettere la notizia del fatto all’ufficio per i procedimenti disciplinari istituito presso l’ufficio scolastico regionale (ex art 492 del dlgs 297/1994).
La precisazione è fornita dall’And
La violazione di tali norme sulla competenza disciplinare, trattandosi di norme imperative (art. 55, d.lg. n. 165/2001) determina la nullità della sanzione irrogata.
Né può ritenersi mutata la situazione a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 75/2017 poiché quest’ultimo contiene norme procedurali che non hanno innovato l’impianto della disciplina sanzionatoria in vigore ad oggi.
In definitiva, l’eventuale adozione di un provvedimento di sospensione da parte del dirigente scolastico contrasta con gli artt. 55 I comma e 55 bis II, III e IV comma del D. L.vo 165/01 (modificato dal dl 150/09 e dlgs 75/2017); con gli artt. 492 e 503 del D.Lgs. 297/94 ove si afferma: “Organo competente per l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 492, comma 2, lettere b), c), d) ed e) è il dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale”; ed ancora, con l’art.1 del dm 18 dicembre 2014 che individua quale struttura dirigenziale l’USR e le sue articolazioni territoriali provinciali; contrasta, infine, con i principi costituzionali di diritto alla difesa dei cittadini, di eguaglianza, buon andamento della P. A, giusto procedimento e legalità.
Il Ministero dell’Istruzione è tenuto a garantire assistenza e tutela in maniera eguale e paritaria a tutto il personale della scuola, mantenendo equidistanza dalle posizioni espresse da ciascuna categoria. Per tali motivi, in una vertenza, avente ad oggetto la pretesa di prerogative (anche giuridicamente infondate) di una categoria professionale in pregiudizio di un’altra, sarebbe dovuto rimanere neutrale, rimettendosi alle valutazioni giudiziali già espresse in sede d’appello, interpretando, correttamente, il suo ruolo di tutela del sistema di istruzione nazionale cui è preposto con compiti di indirizzo generale.
E’ pertanto auspicabile, per il futuro, che il Miur si astenga dall’essere parte attiva in cause, come quella in esame, in cui sono in gioco i delicati equilibri tra le parti, alterandoli a favore di una contro l’altra, e che i tecnici ministeriali si concentrino sulla gestione efficiente del sistema scolastico, ad oggi piuttosto carente, nell’interesse della collettività intera.
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