Un dipendente della scuola ha il dovere di riferire ai superiori eventuali reati di cui si macchia un collega sul posto di lavoro, soprattutto quando si producono dei danni agli alunni. In caso contrario, il comportamento “omertoso” diventa sanzionabile dal punto di vista disciplinare e, nel caso si tratti di reati gravi, vi possono essere pure gli estremi per l’avvio di procedure penali.
Se poi a non intervenire è invece il dirigente scolastico, informando innanzitutto il proprio Usr attraverso una dettagliata relazione sull’ipotesi di reato, la mancata denuncia diventa ancora più ingiustificata. Perché la vigilanza del personale scolastico, qualsiasi ruolo abbia, è una delle funzioni basilari dei capi d’istituto, prevista anche, nero su bianco, dal Contratto collettivo nazionale di categoria (nella variegata sezione “sospensioni e interruzioni del rapporto di lavoro”).
Come i docenti, per il diritto italiano anche i dirigenti scolastici sono pubblici ufficiali. Detto questo, l’art. 328 del Codice penale prevede che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta, omette e ritarda un atto dell’ufficio o del servizio” incorre in una pena di reclusione fino a un anno e ad una multa adeguata.
Inoltre, con la riforma intervenuta nel 2009 con il decreto legislativo 150 (il cosiddetto decreto Brunetta), in presenza di un comportamento difforme dai doveri d’ufficio del docente, l’amministrazione scolastica ha l’obbligo di avviare il procedimento.
Per questi motivi, il 21 giugno, scrive l’Ansa, i carabinieri di Caltanissetta hanno notificato la sospensione dal servizio a una dirigente scolastica indagata per favoreggiamento personale e omessa denuncia nei confronti di una maestra accusata di maltrattamenti aggravati verso i suoi alunni.
La decisione rientra nell’ambito di un’inchiesta che, lo scorso mese di febbraio, portò alla sospensione dall’insegnamento di una maestra di 59 anni di una scuola primaria della provincia nissena.
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