Quanto ha inciso la riforma della cosiddetta buona scuola sulla tutela del principio di bigenitorialità, ovvero il diritto dei figli minori di mantenere rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (anche se separati o divorziati) e viceversa?
La verità, scrive Il Fatto Quotidiano, è che la circolare n. 5336 del 2 settembre 2015 arriva a quasi un decennio dall’approvazione della legge sull’affidamento condiviso. Un ritardo siderale che un laconico mea culpa e un semplice hashtag non possono cancellare dalla lavagna con tanta facilità, soprattutto se si considera che una buona scuola, per essere tale, dovrebbe (e avrebbe dovuto) insegnare ai nostri figli, cioè i genitori di domani, il rispetto di regole che sono alla base di una società per definizione “civile”, a partire dalla parità di doveri e diritti tra madre e padre sancita dall’art. 30 della Costituzione, di cui il principio di bigenitorialità è solo l’espressione più recente.
Se poi occorre la prova del nove, basti rilevare che, sebbene dopo dieci anni di negligenza fosse lecito (oltreché doveroso) attendersi un quadrimestre perfetto, in Emilia-Romagna la scuola è già ricaduta nel solito errore, negando a un padre, su richiesta della madre, di ottenere la password del registro elettronico della figlia, escludendolo di fatto dalla possibilità di ottenere informazioni sul suo rendimento e partecipare ai colloqui con i professori.
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Viene allora da chiedersi a cosa serva diramare circolari per la diffusione di buone prassi, se poi nessuno controlla. Lo Stato, in questo caso, dov’è?