Qual è stato lo scenario di ieri a Roma?
Non era scontato che il 7 luglio tanta gente si riversasse a Roma. Da Napoli sono partiti due pullman Cobas con 85 persone a bordo, di cui 30 studenti di tutti i collettivi operanti sul territorio campano. Una piazza traboccante, completamente ignorata da una stampa asservita, che ha abdicato alla sua funzione precipua; una piazza bollente, non solo per il caldo terribile, ma soprattutto per la rabbia; una piazza composta da tutte le “anime” della protesta, dalla più moderata e recente alla più radicale e della prima ora, contro un disegno di legge che umilia la Scuola tutta e calpesta i più elementari diritti dei lavoratori e, soprattutto, delle lavoratrici. Il comparto Scuola, infatti, è altamente femminilizzato e precarizzato da anni; la prevista assunzione su tutto il territorio nazionale mette le donne da anni in attesa di stabilizzazione di fronte ad un aut-aut intollerabile: o la deportazione, o la rinuncia al lavoro!
E l’atteggiamento dei politici?
Personalmente, ho provato fastidio nel vedere alternarsi, sul palco montato sotto l’obelisco di Montecitorio, esponenti politici e sindacali che fino ad ora, per amor della poltrona, hanno consentito al DdL di seguire il suo iter senza mettere mai in discussione la ratio ad esso sottesa, cioè quel mercantilismo e quel “classismo di ritorno” imposti dai poteri economici (ormai è noto che la legge riprende un “desideratum” della Fondazione TreeLLLe!) che costituiscono un attentato alla Costituzione e determinano il primato degli affari sulla politica e sulla cittadinanza.
Come giudica la posizione sulla questione dei sindacati confederali?
Mi preoccupa molto, inoltre, l’illusione, alimentata dai sindacati confederali, di una risoluzione “ex post” del conflitto, per via giurisdizionale, cioè tramite ricorsi e referendum, strumenti che potrebbero non essere affatto dirimenti e che, intanto, spegnerebbero la protesta e farebbero la fortuna politica di qualche avventuriero o di qualche esponente del Pd tardivamente fuoriuscito dalla sua compagine.
C’è stato qualche momento di tensione?
La piazza si è trasformata in un lungo corteo; alcuni colleghi e amici del Collettivo “3 Ottobre” di Milano, all’altezza della sede della Provincia, sono stati strattonati e trattenuti dalla polizia, perché avevano proposto un sit-in.
Lei pensa che alla scuola sia affidato in questo momento un compito importante nel Paese?
La vittoria morale è certamente nostra. Non sono mancati riferimenti entusiasti alla reazione del popolo greco, che ha avuto il coraggio, in condizioni estreme, di rigettare il mantra dell’austerity e di prospettare un futuro senza paura e senza padroni. Stiamo dando lezioni di democrazia a quelli che sarebbero preposti a difenderla e a tradurla in provvedimenti legislativi. Continueremo a farlo senza scendere a compromessi. La posta in gioco è troppo alta per cedere.