È una notizia importante, ma i giornali “importanti” non ne hanno parlato: il 26 giugno scorso i docenti di uno storico Liceo Classico Statale romano, il “Virgilio”, , hanno interrotto i lavori del Collegio sul piano di rientro degli studenti settembre, per votare, a larghissima maggioranza, una mozione di protesta riguardante le “Linee Guida” ministeriali. In particolare, il documento punta l’indice sull’idea di “scuola ibrida”, sulla possibile permanenza della “DaD” anche dopo la fine dell’emergenza, sulla ventilata differenziazione di orari, percorsi e interventi, sull’auspicata azione dei privati a supporto della Scuola Statale.
I docenti ribadiscono un concetto obnubilato nelle menti degli Italiani da 30 anni di propaganda neoliberista: «La scuola non è una risposta a domanda individuale, non è un servizio, men che meno una merce; è un organo costituzionale (…) per l’interesse generale della nazione». I docenti lamentano una “pericolosa sottovalutazione della funzione cruciale dell’istruzione nella vita collettiva”, che rischia di portare, col pretesto dell’emergenza sanitaria, allo «scenario di una scuola letteralmente “dimezzata”, nelle risorse, negli orari, nelle attività, nei risultati». Di conseguenza «La necessità del distanziamento sociale, unita alla esigua disponibilità di risorse e strumenti (…), non consentiranno (…) nel prossimo anno scolastico una scuola di tutti e per tutti. A pagarne le conseguenze saranno soprattutto gli alunni più fragili».
L’emergenza Covid, secondo i docenti del “Virgilio”, non deve dunque “dimezzare” la Scuola: la quale è «il luogo delle relazioni umane in presenza, le uniche che possono determinare costruzione di coscienza e conoscenza critica (…). La scuola della Repubblica è aperta a tutti, non è un optional che si può o meno frequentare, in presenza o a distanza: è un obbligo, almeno fino a 16 anni. (…) È lo Stato, non i singoli istituti, non le regioni nell’ottica dell’autonomia differenziata, non i privati, che ha il dovere di garantire tutto ciò in sicurezza, assicurando i fondi necessari (…)».
I docenti del Virgilio sottolineano che «La scuola della Repubblica si svolge nelle aule, con docenti dello Stato, con programmi uguali per tutti; nessuna scuola (…) è possibile “alternando” frequenza e modalità a distanza. (…) Chiediamo quindi che – senza eccezioni – dal 1° settembre 2020 la didattica torni ad essere totalmente in presenza e in sicurezza. E che non vengano decurtate ore di insegnamento curriculari (…). Chiediamo più spazi, più docenti e più personale Ata per poter formare le nuove classi con un numero di studenti adeguato (…), ma senza decurtare o sacrificare alcuna attività scolastica. (…) Per garantire sicurezza e rilanciare la scuola, il governo deve ridurre gli alunni per classe, ristrutturare gli edifici, (…) programmare un adeguato piano di assunzioni»
Forte è l’invito finale alla comunità scolastica a pretendere che le istituzioni scongiurino un “enorme pericolo”: “la fine della scuola della Repubblica”.
La stampa “mainstream” non ha sottolineato il grido d’allarme dei docenti del Liceo romano. Il che però non ci stupisce.
In Italia, dagli anni ‘80, si parla degli insegnanti preferibilmente per denigrarli; o per chiamarli “eroi” quando mostrano vocazione al martirio precipitandosi — diversamente da altre categorie — a offrire giornate, casa, connessione internet, utenza elettrica, computer, a proprie spese, senza orari, senza garanzie giuridiche sulla propria e altrui sicurezza, in palese violazione di tutte le norme, per la “DaD”: surrogato della Scuola vera, il quale costa il doppio degli sforzi e produce un quarto dei risultati consueti. Allora gli insegnanti diventano “eroi” (purché non parlino di contratto e di leggi, s’intende!). Forse perché così facilitano il progetto di chi vorrebbe rendere la “DaD” organica e strutturale (inserendola magari nel contratto nazionale di categoria, qualora un Sindacato connivente fosse pronto a firmare), onde poter, un domani, licenziare un bel numero di docenti, resi ormai inutili dai potenti server di Google? Perché stipendiarne 800.000, se a un docente posso affidare classi “virtuali” di 120 alunni ciascuna? In fondo, una Scuola davvero efficace, che formi cittadini consapevoli anziché polli da allevamento, a chi giova? Non certo a chi preferisce dominare sudditi sciocchi anziché rappresentare consapevoli cittadini.
Da molto tempo i docenti non si facevano sentire, in questo bislacco Paese. Dunque un documento come quello del Virgilio avrebbe meritato ben altro risalto giornalistico. Prima regola del giornalismo: non fa notizia il cane che morde l’uomo, ma l’uomo che morde il cane; cioè un fatto inusitato. Non è forse inusitato che i docenti prendano posizione, avvezzi come sono a sentirsi ignorati?
Media e politici straparlano di Scuola senza interpellare mai gli insegnanti. A chi giova questa “congiura del silenzio”? Forse proprio a chi la Scuola la vorrebbe morta (o definitivamente disinnescata)?
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