‘La Tecnica della Scuola’ a colloquio con Marianna, insegnante di lettere precaria al settimo anno di insegnamento consecutivo risultata idonea alla procedura selettiva Pnrr del 2023: “Come me – ci dice – ci sono tanti altri colleghi che hanno superato tutte le prove del primo concorso Pnrr, anche con risultati brillanti. Ci troviamo a non avere in mano nulla, perché manca una graduatoria trasparente che ci dica come ci siamo collocati e in che posizione”.
La graduatoria sarebbe utile “in fase di scorrimenti e ripescaggi che si stanno verificando in alcune regioni” per le immissioni in ruolo: “ci permetterebbe di regolarci sulle nostre condizioni” di precari, per meglio comprendere quante possibilità potremmo avere di essere assunti a tempo indeterminato.
Marianna sostiene di avere già dimostrato la sua attitudine alla professione, “con anni di insegnamento in classe” e chiede “un posto stabile dopo tanti anni di sacrifici”. Intanto, si sta avviando il concorso Pnrr2, concordato con l’Unione europea, come pure la versione Pnrr3 da bandire entro fine 2025: due procedure che potrebbero rendere la situazione ancora più ‘bollente’. “Il concorso Pnrr2 – sostiene la precaria – è una scelta folle, non farà altro che complicare le cose e aumentare i nostri problemi” obbligandoci a partecipare a verifiche simili a quelle già svolte”.
“Oltre a costringerci al sacrificio di studiare e lavorare: se studiare non è un problema, perché siamo abituati, non è possibile fare altri concorsi senza poi ottenere nulla. Ci costringono a sborsare altri soldi e a fare sacrifici, con prove” da svolgere in sedi “molto lontane, diversi chilometri da casa, con dispendio di benzina, soldi da spendere per Bed & breakfast o alberghi. E non risolverà il problema. In più, sono partiti i corsi abilitanti: io e altri ci siamo abilitati dando ulteriori soldi per questi percorsi formativi”.
“Ci hanno costretto a sacrifici immani. Ma applicare il merito vuole dire riconoscere che siamo idonei e che siamo adatti alla professione che già svolgiamo da anni: per questo meritiamo la stabilità lavorativa”, conclude l’insegnante precaria.
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