L’indignazione ha percorso come un brivido la categoria docente, pur avvezza alla disistima che questo Paese le riserva. Possibile — si chiedono docenti e sindacati di base — che il Ministero delle Finanze (da cui le “Fiamme Gialle” dipendono), coi guai che deve affrontare nell’epica lotta agli evasori, perda tempo controllare i docenti di uno dei migliori Licei dello Stivale (senza peraltro — ovviamente — trovar nulla di illecito)? Non sanno già persino gli uscieri del MEF che i docenti si assentano meno di altre categorie?
Un ragionamento basato sulla logica
Stavolta però ci schiereremo con chi ha voluto verificare l’onestà degli insegnanti, perché la sua intenzione era buona e giusta, logico e razionale il suo ragionamento. Proviamo a ricostruirne i passaggi essenziali:
Lavorano non meno dei colleghi europei, ma (a differenza che nel resto d’Europa), tutti i loro concittadini — a cominciare dai politicanti — credono che «gli insegnanti lavorano due ore al giorno», «hanno tre mesi di ferie», «insegnano per ripiego», «molti di loro sono sadici», «odiano i ragazzi», «mettono i voti per simpatia», «sono dei falliti», «abusano del proprio potere» e via fantasticando.
Nel 1993 il Lgs. 29 li ha ficcati nel Pubblico Impiego (a differenza dei docenti universitari), dopo aver privatizzato il rapporto di lavoro del Pubblico Impiego stesso. Così il Preside è divenuto “datore di lavoro”; i docenti stabili hanno perso il “ruolo”, diventando “a tempo indeterminato” (come prima i supplenti) e dunque licenziabili per esubero o per rifiuto dei trasferimenti d’ufficio; hanno perso gli scatti biennali automatici; la loro libertà d’insegnamento (=autonomia decisionale in materia didattica) è entrata in rotta di collisione con la nuova condizione d’“impiegati” nella scuola aziendalizzata.
L’”autonomia scolastica” (art. 21 59 del 15 marzo 1997 e D.P.R. n. 275/1999) accentua aziendalizzazione e poteri del Preside “datore di lavoro”, trasformandolo in “Dirigente Scolastico”. Nasce il “POF”. Le scuole diventano “progettifici”.
Tagli continui riducono al lumicino la spesa nazionale per l’istruzione. Nel 2008 la “riforma” Gelmini-Tremonti sottrae più di otto miliardi alle scuole (mai restituiti dai Governi seguenti), falcidiando laboratori, cattedre, ore di lezione, e aumentando a dismisura classi-pollaio e carichi di lavoro.
Lo Stato non si fida dei propri insegnanti: l’Invalsi valuta gli studenti al loro posto, indirettamente valutando il loro operato in base ai risultato di quiz per gli studenti.
La renziana “buona scuola” (Legge 107/2015) moltiplica i poteri del Dirigente, regalandogli l’arma del “bonus” premiale per premiare chi vuole. Aumentano incombenze burocratiche, “rendicontazione” e pratiche connesse alla “valutazione” dei docenti. L’Invalsi ha sempre più peso nella vita ordinaria e nel lavoro delle scuole.
La legge 146/1990toglie ai docenti la forma di lotta più efficace: lo sciopero degli scrutini (definiti “servizio pubblico essenziale”, come un Pronto Soccorso o un reparto di ostetricia).
Considerato tutto ciò, forse a Via XX Settembre qualcuno ha pensato bene di controllare se possa esistere davvero una categoria di professionisti così masochista da lavorare ancora, con impegno e passione autentici, in una situazione simile. In fondo, controllare è doveroso. «Possibile che costoro non abbiano in realtà qualcosa da nascondere?», si saranno chiesti. Ed è partito il blitz.
Del resto, non è certo un blitzkrieg la trentennale guerra (tuttora in corso) contro Scuola e insegnanti, ma una strategia lenta, paziente e scrupolosa, dall’innegabile efficacia. Dunque, docenti, non lamentatevi: qualche improvvisata, giusto per vedere se la “cura” funzionasse, potevate pure aspettarvela!