Come ogni fine anno, poche settimane dal Natale, nelle città più grandi assistiamo ad un numero piuttosto alto di occupazioni di scuole superiori. A dire il vero, quest’anno la protesta è iniziata già a fine settembre, quando al liceo classico Manzoni di Milano si sono interrotte le lezioni per alcuni giorni a seguito della vittoria delle elezioni politiche da parte dei partiti di Centro-Destra. Da lì a qualche giorno, sono entrati in scena gli studenti di diversi istituti secondari di secondo grado della Capitale. Ad inizio ottobre, il primo liceo di Roma ad incrociare le braccia è stato l’artistico Argan, a ridosso di Cinecittà; poi è toccato allo scientifico Cavour e all’Azzarita, come pure a Classico Virgilio, dove l’intervento delle forze dell’ordine ha sgomberato sul nascere l’azione dei giovani occupanti. Le occupazioni sono invece riuscite al Pilo Albertelli, come pure all’Artistico Enzo Rossi. L’apice della protesta si è toccata a ridosso della mobilitazione nazionale del 18 novembre, quando oltre 100 mila studenti hanno manifestato in decine di piazze italiane. Tra le scuole occupate c’è anche il Montessori, ma soprattutto uno dei licei più rinomati di Roma: il Tasso, dove gli studenti hanno spiegato di non sentirsi adeguati nella scuola-azienda del merito e della selezione darwiniana.
In un comunicato, il preside del liceo Tasso, Paolo Pedullà, ha scritto – rivolgendosi a genitori, docenti, personale Ata e studenti – che “una esigua minoranza di studenti ha occupato” l’istituto “scegliendo come forma di protesta una autoreferenziale chiusura al confronto democratico”, perchè un atto del genere è “la negazione della politica”.
Nell’esprimere “solidarietà al personale della scuola a cui è impedito di svolgere il proprio lavoro e agli studenti (la stragrande maggioranza ndr) a cui è negato il diritto costituzionale all’istruzione”, il dirigente scolastico ha annunciato “la denuncia all’Autorità pubblica e la contestuale richiesta di sgombero”.
Molto critico è stato Marco Lodoli, che dalle pagine de La Repubblica ha parlato di “reprimende poliziesche” e “strana rigidità del preside del Tasso rispetto alle riflessioni e alle proposte dei suoi studenti”.
“Il documento scritto dai ragazzi – ha detto lo scrittore e docente romano – mi sembra straordinariamente lucido, misurato, profondo, frutto di una riflessione che non si può cancellare con un atto di puro autoritarismo. Cosa chiedono gli studenti del Tasso ai loro professori e al dirigente scolastico? Solo di uscire dalla logica perversa della meritocrazia” e “di non essere considerati per forza un’elite che dovrà affermarsi e imporsi”, ha puntualizzato Lodoli.
Perché, ha continuato, “un adolescente non può essere solo una prospettiva professionale, un limone da spremere fino in fondo, perché i ragazzi hanno una vita emotiva che non deve essere dimenticata. Vogliono capire, capirsi, partecipare al caos del presente, cercare risposte. Purtroppo stiamo tornando a una scuola assolutamente selettiva, che pesa le competenze per consegnarle al mercato del lavoro. Chi non ce la fa è fuori, dimenticato, svilito, abbandonato a sé stesso, cioè alla propria fragilità, alla propria vita incerta”.
E ancora: “Al Tasso, secondo quello che scrivono gli studenti, ci sono stati tre tentati suicidi nell’ultimo anno. Ragazzi e ragazze che forse hanno chiesto ascolto, che si sono sentiti inadeguati, sbagliati, ultimi in una classifica che premia solo i primi. Se vai al Tasso, devi eccellere. Altrimenti devi farti da parte, scegliere una scuola meno impegnativa”.
“Forse i professori – ha concluso Lodoli – dovrebbero proporsi in un modo diverso: non solo eccellenti esperti della loro materia, non solo verificatori implacabili, ma anche persone capaci di ascoltare, di percepire un disagio, di fortificare con l’affetto le personalità spesso gracili dei loro studenti”.
Insomma, a suo dire, l’occupazione delle scuole non avrebbe solo uno scopo di protesta verso chi le governa, ma anche chi le vive al di là della cattedra, dove siedono, a detta di Lodoli, professori che non ascoltano e sono pronti a puntare il dito.
Il Collegio dei Docenti del liceo Tasso ha risposto a Lodoli prontamente: “Ci chiediamo con quale diritto Lodoli esprima giudizi violenti e arbitrari sull’operato di docenti che non sono stati neanche interpellati, né consultati, accusandoli di autoritarismo, di elitarismo, fraintendendo in mala fede il reale malessere giovanile, maturato in condizioni di sofferenza dopo due anni di pandemia, in cui il corpo docente ha lavorato senza sosta per contenere i disagi e le criticità”.
I docenti definiscono “disonesta intellettualmente la scelta di citare tre gravissimi casi dolorosi, trattati come exempla di oppressione e di incapacità della scuola”.
E ancora: “Cosa c’è di alternativo – scrivono i prof del Tasso – nell’invitare Mentana, Murgia o Raimo? In cosa consisterebbe questa rivoluzione pedagogica?”.
Se figure di spicco, che sono paradossalmente intervenute a parlare di legalità in una scuola occupata in aperta violazione della legge, avessero condiviso la loro esperienza umana e culturale con tutti i ragazzi e non solo con alcuni nella Settimana dello studente, spazio legalmente autogestito dagli alunni, sarebbe stato meno alternativo?”. Poi, ricordano che “il docente non è un conferenziere, un animatore, un rapper, ma un educatore ed educare è arduo e impegnativo. Non siamo intrattenitori narcisisti, né attivisti di un centro sociale”.
E ancora: “In quale contraddizione stiamo cadendo, se invocare il ripristino della legalità è visto come autoritarismo, se sospendere le lezioni un atto doveroso e un sano esercizio di spirito critico? Quando i docenti tutti sono perennemente sotto accusa e le loro decisioni sono impugnate come fossero atti arbitrari o persecutori, quando viene negata e calpestata la loro dignità professionale, è segno che occorre invertire la rotta e – concludono – chiedersi come fare per uscire da questo stallo collettivo”.
Sulla vicenda, infine, è intervenuto Mario Rusconi, presidente Anp Roma, parlando di “autunnale rito liturgico delle occupazioni delle scuole superiori da parte di agguerrite minoranze di studenti” che “stimola quanto di adolescenziale è riposto nell’intimo di alcuni commentatori che amano rivivere il loro tempo passato, sopraffatti da una sorta di nostalgia tardiva, accompagnata da una emotività risorgente”.
Rusconi ricorda che “l’occupazione delle scuole richiede una risposta seria approfondita, responsabile sia dalle istituzioni sia dagli adulti coinvolti”, che dovrebbero invece “indirizzare i giovani verso alti obiettivi di educazione civica, di apertura al prossimo, di senso delle istituzioni”.
Certo, il sindacalista dei presidi romani rimarca “che i nostri studenti non vengono ascoltati come si dovrebbe, soprattutto nelle loro richieste di innovazioni didattiche e di frequenza in luoghi efficienti ed adatti a fare scuola in modo gradevole”.
Ma chiede “onestà intellettuale e morale per riconoscere che nessun rito occupazionale, da 30 anni a questa parte ha mai convinto alcun decisore politico (di ogni colore) a venire incontro alle richieste di innovazione didattica (la più importante, a mio parere, consiste nel curricolo flessibile); alla fine di ogni rito occupazionale, spesso basato a parole sulla denuncia di situazioni logistiche indecoroso di molte scuole, si sono enumerati danni gravi alle strutture, lasciando quelle situazioni ancora in peggior stato”.
In effetti, solo a Roma, al termine delle occupazioni dello scorso anno, la città metropolitana proprietaria degli edifici ha dovuto constatare danno per circa mezzo miliardo di euro, come riportato dalla stampa cittadina.
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